Un fenomeno tristemente noto a tutti gli antropologi: la malattia del nuovo millennio, un'era in cui tutti hanno qualcosa da dire e — adesso — hanno pure lo strumento perfetto per dirlo. Non che sia necessariamente un bene.
19 Marzo 2007
Oh, lo vuoi sapere dove si andrà a finire di questo passo, caro utente indovino? Lo vuoi proprio sapere? Non mi giunge risposta, ma d'altronde chi tace acconsente, come disse il sordo al muto. O viceversa, non mi ricordo. Anche perché questo aneddoto me l'ha raccontato il muto, e quindi capirete la difficoltà. Soprattutto perché il sordo ero io. Ma non divaghiamo.
E allora te lo dico io, come andrà a finire, di questo passo, che io da giovane ho fatto un corso di previsioni del tempo dal venerando colonnello Bernacca (trentamila lire, venti ore, due ogni domenica pomeriggio, ma solo quando pioveva, che quando c'era il sole il colonnello doveva portare i nipoti al campo di volo per farli giocare con gli F16 — alla fine un barometro in lattice per tutti i partecipanti a perenne memoria dei soldi spesi male) e li mi hanno insegnato tutti i trucchi necessari per capire dove si andrà a finire di questo passo. Anche se, lo ammetto, ho ancora un po' di dubbi sul significato della parola "anticiclone".
Di questo passo insomma, di questo passo che tutti bloggano che tutti si blogga che non ce n'è uno che non blogga, di questo passo che anche chi non blogga legge i blog e chi non legge i blog glieli racconta qualcuno che li ha letti, di questo passo che c'è addirittura toccato di inventare un verbo (peraltro anche abbastanza brutto, se vogliamo dirla tutta) che prima non c'era, come "bloggare". Eh.
Di questo passo succederà una roba. Succederà domani, tra una settimana o tra vent'anni, chissà. Putroppo al corso c'hanno insegnato il dove, per il quando c'era il secondo modulo, ma io non c'avevo soldi e poi il colonnello a un certo punto è morto — un po' come tutti. Succederà che i blogger (i blogger sarebbero quelli che bloggano, caro utente amanuense — quelli che durante il Ventennio, in piena crisi di rigetto nei confronti della parole straniere, li avrebbero chiamati, che ne so, blogganti, bloggatori, cose così) aumenteranno talmente di numero che verranno a costituire la totalità della popolazione, mentre la cosiddetta società civile si estinguerà, o nella migliore delle ipotesi si rifugerà esasperata oltremare, ridotta a miseri resti umani senza punti di riferimento.
Questo fenomeno è tristemente noto a tutti gli antropologi, medici e veterinari e va sotto il nome di "ipertrofia scritturale da blog": colpisce prima l'individuo e conseguentemente la società che — come direbbe Max Weber — a partire dalla rivoluzione borghese del diciassettesimo secolo viene contagiata dal singolo che a sua volta quindi assume il ruolo di virus interno alla società stessa, dando così origine alla contraddizione di fondo che ne garantisce paradossalmente la sopravvivenza, dice Max Weber incartandosi un po'.
I sintomi son sotto gli occhi di tutti. E si sa, non c'è perggior cieco di quello che non vuol sentire, direbbe mio nonno parafrasando un noto detto cha a lui però non gli tornava granché: che senso ha dire "non c'è peggior cieco di quello che non vuol vedere"? si chiedeva mio nonno. Se quello è già cieco poverino, non è che gli cambi molto voler o non voler vedere: molto peggio è invece il cieco che non vuol sentire, come il Bastiani Renzo, che appunto non ci vedeva dalla nascita ma si ostinava a giocare a carte e poi quando lo chiamavi per farti pagare i soldi che puntualmente aveva perso, faceva finta di nulla, dice mio nonno.
Io per esempio l'altro giorno ho visto un contadino fermo sul suo trattore, con un MacBook Pro sulle ginocchia connesso wireless non si sa a cosa, tutto assorto a batter sui tasti, mentre il sole bruciava il campo che avrebbe necessitato invece di essere curato quotidianamente, a differenza dalla homepage di Splinder. E così (e questo è solo un esempio) l'agricoltura langue, le mucche muggiscono, il fieno rimane intatto nel fienile, i maiali sbraitano e altrettanto fan le galline, le anatre e i galli, e tutto il resto della vecchia fattoria.
Finirà, di questo passo, che ci si metterà a scrivere post dappertutto.
Che ne so: sull'autobus, per esempio. Tutti scriveranno con accanimento, sia quelli seduti, sia quelli in piedi, anche a costo di superare la fermata a cui devono scendere o di perdere l'equilibrio alla prima frenata: ognuno annoterà qualcosa dell'altro, ci si osserverà reciprocamente e si scriveranno post in cui si giurerà che «oh, l'avresti mai detto? Oggi il tram era pieno di gente che scriveva post». Scriverà, ovviamente, anche l'autista, che essendo però tutti i santi giorni costretto a rifare lo stesso, inutile tragitto, scriverà che la vita per lui non ha senso e l'autobus di conseguenza si fermerà, perché si sa: in una società di blogger è più il tempo che si passa a fare i post che il tempo in cui vanno i trasporti. A quel punto se (per caso) ci fosse a bordo qualche civile esente dalla mania, cotal raro soggetto non potrà esimersi dallo spazientirsi, griderà qualcosa di offensivo all'autista e a tutta la sua famiglia, si avvicinerà per scuoterlo, gli tirerà i capelli, gli darà un pugno sulla penna ottica del palmare. Tutto ciò ovviamente manderà in estasi gli altri passeggeri, che così avranno qualcos'altro da scrivere sul blog tipo «oh, l'avresti mai detto che oggi sul tram c'era uno che ha menato l'autista?». Autista che anch'egli si esalterà come non mai, tirando fuori la penna ottica di riserva per annotarsi sul palmare dal vetrino ormai incrinato le sue impressioni tipo «oh, l'avresti mai detto che oggi sul tram c'era uno che m'ha menato forte?», e sarà pure felice nel concludere il post sottoilneando come, grazie a questo evento inaspettato, la sua vita sia improvvisamente passata dalla mancanza di senso più totale all'affascinante dinamismo sanguinario della realtà verificata sulla propria pelle.
L'ipertrofia scritturale da blog (dice il dottor Sventracci, esperto di raffreddori estivi) è una malattia molto grave che, a prescidere dalle epidemie, può colpire chiunque a qualunque età ma — a differenza dell'influenza che (come ci ricordano puntualmente agli inizi di novembre tutti i telegiornali) colpisce più facilmente vecchi e bambini — i soggetti più a rischio in questo senso sono gli adolescenti. In questi esemplari, che andranno a formare la nuova classe dirigente, la patologia andrebbe curata sul nascere, perché altrimenti andrà a finire come vi ho detto, di questo passo.
Il problema è che su questo male c'è molta disinformazione, così l'adolescente ipertrofico, ignorati i primi evidenti segnali, si aggrava, senza però che i genitori prendano provvedimenti, nella maggior parte dei casi perché non vogliono ammettere che ci sia questa tara in famiglia, dato che vige ancora il pregiudizio che l'ipertrofia scritturale da blog sia un vizio e non una patologia.
Per esempio. Nell'antico impero romano in casi simili si sarebbe tagliata al ragazzo una mano. In quell'era illuminata nota ai più come Medioevo la mano gliel'avrebbero bruciata, qualche volta insieme alla casa, al computer e a tutta la famiglia. Al giorno d'oggi invece la questione viene minimizzata, se non quando ignorata, trascurando i malevoli effetti della stessa sulla moderna società capitalistica e anzi, in un primo momento, addirittura gratificando il soggetto infetto in base a malsane teorie messe in giro da infiltrati bolscevichi secondo le quali il giovanotto aspirante blogger cercherebbe infine nel post lo strumento per dar sfogo alla propria creatività e ivi troverebbe la sua voce interiore, fino a quel momento repressa dalla moderna società capitalistica di cui sopra.
Non stupisce quindi che il morbo si stia espandendo a macchia d'olio, anche grazie alle campagne pubblicitarie menzognere e tendenziose messe abilmente in circolo dalle multinazionali del tabacco. Dice che c'entra il tabacco. Facile, caro utente salutista: è scontato che il blogger poi a un certo punto inizia a fumare, perché ci deve essere un post in cui si racconta che in quel momento stava fumando le Lucky Strike morbide, come Vasco ai tempi d'oro.
Ecco spiegato il motivo per cui Piazza Affari dà il trend del contagio in aumento esponenziale e il rischio pandemia praticamente una certezza. E soprattutto ecco perché puoi giruarci, caro utente garante, che andrà a finire come si diceva io e il povero colonnello Bernacca (che dio l'abbia in gloria), di questo passo.
E allora fate girare questo pamphlet, ciclostilatelo e attaccatelo sulle porte delle case, delle chiese e dei circoli ricreativi: combattete questo sistema che tace e disinforma ad arte. È in gioco il bene — se non la vita — dei vostri figli.
L'ipetrofia scritturale da blog è il male del nuovo millennio. E questo post ne è l'esempio più eclatante.