Critica costruttiva

Critica costruttiva

Uno sfogo critico su certa critica radical chic appannaggio di certi critici radical chic, fatto da uno che un critico non è ma può sempre criticare. Siamo ancora in una democrazia, no?

4 Dicembre 2006

Io ora ve lo dico. Io i critici musicali non li ho mai sopportati. E nemmeno i critici cinematografici. Per non parlare dei critici d'arte. E non mi rammentate i critici lettarari. Che se penso poi ai critici di teatro mi prende tutto uno sfogo di pustole sulla schiena, proprio la dove non riesci ad arrivare per grattarti, hai presente?

Dici te, sarà mica che c'hai qualche problema con i critici? Dico io, probabile.

E allora pensa un po', quando ieri mi è capitata tra le mani una di quelle riviste serie, dove scrive uno di quei critici terribili. Ecco, dopo tutta questa storia straziante dei critici che ho finito or ora di raccontarti, pensa un po' a me, ieri, quando su quella rivista seria ho letto il critico terribile che diceva:

Ciò di cui abbiamo bisogno, è che si parli più francamente dei dischi brutti.

O forse parlava di libri, o forse di film: mica ho realizzato bene, già ero troppo accecato dall'idiozia della frase.

Eh, sì. Perché quello era un critico terribile della peggior specie, tra tutti i critici terribili che scrivono sulle riviste serie: era il critico terribile che, nonostante scriva su una rivista seria, finge di essere capace di cospargersi il capo di cenere, di non aver paura di fare mea culpa, di quelli che sono arrivati lì dove sono a forza di calci in culo eppure si presentano con la faccia, la voce, la penna di colui che ha conosciuto la gavetta, ma non ne è stato vinto.

Quasi naturale che io a quel punto — io che son sempre calmo fuori (poi dentro… vabbè, dentro non fa testo al giorno d'oggi), mi sono un pochino innervosito. E ho provato il desiderio irrefrenabile di averlo tra le mani, quel critico terribile della rivista seria, e di prenderlo per il collo e sbatacchiarlo contro il muro per una decina di minuti, mentre pacatamente (si fa per dire) gli spiegavo che sì, bè, certo che ne abbiamo bisogno.

Che sì, bè, certo: è difficile pensare a qualcosa di cui abbiamo più bisogno.

Se così fosse infatti — finalmente — grazie al suo impagabile sacrificio di mettersi a scrivere di dischi, libri o film brutti la gente smetterebbe di ascoltare brutti dischi, leggere brutti libri, vedere brutti film. I musicisti, gli scrittori, i registi smetterebberlo di registrarli, scriverli e dirigerli e tutti ascolterebbero, leggerebbero, andrebbero a vedere solo quello che piace ai critici terribili delle riviste serie. E vissero tutti felici e contenti.

A meno che a te piaccia ascoltare, leggere o guardare i dischi, libri e film che non piacciono ai critici terribili: in quel caso il mondo, per te, sarebbe un posto infelice.

Così fosse, cazzi tuoi. Giusto?

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