Realmente esistenti o inventati che siano, Spineless ha condiviso il bello e il cattivo tempo con tutto un panorama umano stralunato e sempre in affanno, ma vigile e disperatamente autoconsapevole. Inevitabili comparse e figuranti come io, te, lei, lui, mio nonno e Dio. Meravigliose donne ricorrenti come Irene e Polly. Gente meno nota al grande pubblico come Baldazzi, Martinelli e Lanzavecchia. Ma anche VIP più famosi tipo Max Weber o Søren Aabye Kierkegaard. D'altronde, siamo tutti personaggi, a modo nostro, in qualche recita che abbiamo scritto o in cui ci hanno confinato nostro malgrado. Godiamoci quindi almeno i famosi quindici minuti di notorietà che ci spettano.
Una pillola anticomiziale a base di Algiers, per quando vorresti fare la rivoluzione ma il culo ti pesa troppo e non riesci a staccarti dalla sedia, e allora la fai col culo degli altri.
Cracovia come Cavriago, piccole Pietroburgo. Solidarnosc e ebraismo, arte concettuale e post-comunismo in un omaggio agli Offlaga Disco Pax, dove anche Lenin finisce le lacrime per piangere.
Elogio della pirateria digitale, emozioni a 128k e sharing di ricordi partigiani a banda stretta: per tutti quelli che hanno vissuto sulla loro pelle e non dimenticano il mondo prima dell'ISDN.
Quando si dice morire di solitudine: la triste vicenda di Gianmario, pace all'anima sua ma anche mannaggia alli mortacci, sempre sua. Così come non ve la racconterà mai nemmeno Barbara D'Urso.
Un viaggio ad accesso casuale nell'universo Daft Punk, attraverso collaborazioni, remix e cover. Un successo annunciato, anzi no. Chiedete a quel tizio del Melody Maker.
Una storia di statistica, calcio globale e politiche demografiche: sulla strada della collaborazione internazionale e dell'uguaglianza sociale, mattocino dopo mattoncino.
La teoria della relatività ai tempi dei telefilm anni '80: un piccolo mattoncino per un omino, quaranta miliardi di piccoli mattoncini per l'umanità.
Tragedia al Santiago Bernabeu, ovvero il primo LEGO non si scorda mai. Soprattutto se te lo distruggono la sera della finale dei mondiali.
Una storia che nessuno vi ha mai raccontato, un complotto d'altri tempi orechestrato da uno di Gubbio e da tutti gli altri capoccioni, laggiù a Roma.
Sessanta playlist, una al mese, andate perse nell'etere come lacrime nella fibra ottica, direbbe il poeta cyberpunk. Mixtape virtuali di quei bei i tempi in cui internet uccideva il copyright.
Mattina presto nella metropoli esplosa. Una riflessione sulla grammatica umana, una matura presa di coscienza dei propri intimi tempi verbali. Un guanto di sfida lanciato alle cose prima che succedano.
La morte di Splinder e la fine di un'era. La glaciazione del web e la ristrutturazione della blogsfera: autocommiserazione in vetrina e strategie di sopravvivenza sull'internet.
La fine del comunismo in Toscana durante una giornata al circolo ARCI di Bagno a Ripoli con degli improbabili fan di Forza Italia e la nipote di Mubarak: ovvero del perché Berlusconi vince sempre.
C'è chi la politica la fa col cuore e chi con quell'altra parte del corpo. Ma chi siam noi per giudicare? Cronaca vera, rivelazioni scabrose e tutta la saggezza di Barontini.
Una roba di architettura artistoide ed ecomostri mischiata con una roba di autostrade e lavatrici: la storia di Lanzavecchia e di quella volta che partì con Guastelli. Oh, ancora non son mica tornati!
Un complotto mai svelato, organizzato da quelli giù a Roma, che ci han portato via dieci anni da sotto il culo. Altro che dolce vita, boom economico, Vespa 50 Special e Mike Bongiorno!
Sfortunate omonimie per una breve dissertazione politica e di costume su questi tempi. Ah che tempi quei tempi, che tempi i bei tempi andati! Si stava meglio quando si stava peggio. Non scherzo mica, è proprio vero.
I mille significati dello stare, il rimanere fermi come unica, vera, direzione ostinata e contraria, soprattutto quando intorno a te tutto si muove. Tipo questo vento porco.
La Mara non si faceva mica problemi, anche se su Tripadvisor poi le recensioni dicevano che il servizio era sì rapidissimo ma la cottura da rivedere. Maledetti hater infami.
Un mistero apparentemente irrisolto, degno di Chi l'ha visto?, svelato con la nonchalance di un giocatore di poker consumato durante un concerto in un locale indie di Milano.
Questo piccolo grande Paese riassunto in un dialogo tanto surreale quanto reale alla fermata dell'autobus. Pessimismo e rassegnazione come se piovesse. Cani minuscoli e acconciature impegnative, a contorno.
Quando il barman è più ubriaco del cliente, è allora che si fa la Storia e si lascia davvero il segno. Come sono andate veramente le cose quella volta, dentro l'happy hour.
Un concerto che inizia la sera della fine del mondo e finisce sette anni dopo. Una traversata, cadenzata sul ritmo di un disco troppo presto dimenticato. Un'amicizia sospesa, tra i suoi trucchi e i suoi rituali. Un remix fatto con i ricordi, i ricordi di uno che non sa smettere.
Chiaramonti e Ariosto giù al bar a bestemmiare quell'anno che non finiva mai per colpa di un istante che sembrava messo lì apposta per far traboccare il vaso, tra flipper e gelati Sammontana.
Ecco un imperdibile sconto comitiva per autori stitici e sceneggiatori affetti dalla sindrome della pagina bianca: prendete e abusatene tutti. Metaforicamente s'intende.
Nunzio e il suo banchetto alla fiera di primavera: tutto il bello e il brutto di una carriera in solitaria, passata a svuotar le cantine, difendendo la sua dignità e fronteggiando i ricordi degli altri.
L'eterna quanto impari tra bambini e piccioni nelle piazze d'Italia: una soluzione a monte, forse drastica ma sicuramente non (troppo) violenta, a base di cinema come educazione primaria.
Canta che ti passa: ovvero l'unica strategia post-elettorale possibile, anche se drammaticamente inefficace. La balera sulle navi da crociera come unica rima verso i pieni poteri.
Di nuovo Cerini alla ribalta. Dalla cartella degli X-Files, ecco quella volta che prese possesso del bancone del bar per mettere in mostra la sua dote migliore: far scappare, frustrati, i clienti occasionali.
Te lo ricordi MSN Messenger, il nonno di Whatsapp? Pensa che una volta io ho chattato da solo, nel senso proprio con me stesso. Ma te lo sconsiglio, che poi si diventa ciechi.
Trasferirsi a Milano senza troppa convinzione: un dialogo (nemmeno troppo) immaginario con la propria vita nel momento in cui, come si dice, devi inziare sul serio a farci i conti.
Una lezione di vita (o quantomeno su come allungarsi la vita) da parte di Cerini giù al bar. Fiammiferi contro accendini, bestemmie senza morale e tutta l'inutilità di un'attesa.
Ve l'ho mai raccontato di quella che son rimasto tutta la notte sdraiato sulla spiaggia e ho rischiato di combinare un casino di proporzioni epiche? Speriamo che nessuno si sia accorto di nulla.
La piaga dell'edilizia abusiva lungo i litorali italiani: una roba che dovrebbe intervenire la Guardia Costiera, una maleducazione e un'inciviltà che nemmeno le bestie, quelle addestrate male.
Una storia che c'ha come morale quella cosa che gli aiuti da casa non fanno mai male, come ci insegna la nostra subcultura malata di quiz televisivi. A sua insaputa, s'intende.
Ci sei mai stato da MediaWorld? O da Euronics? Allora senti un po' la storia di Martinelli, lui che a parte quel problema lì che c'aveva con quei posti dei televisori, poi, per il resto, tutto a posto.
Hai presente quando non ce la fai? Cioè, quando non sai se ce la puoi fare o no, se ce la vuoi fare o no. Cosa è meglio fare e cosa no. Hai presente un concerto dei Radiohead? Ecco, ci siam capiti allora.
Come passare il tempo nelle stazione dove il tempo passa in un modo tutto suo. E un modo drastico di fermarlo, il tempo. Una roba da non fare a casa. E nemmeno altrove, fidatevi.
La storia di me e Bartolozzi, del bar di Cosimo e di tutte le cartoline che sbirciavamo scassinando la cassetta della posta. I ricordi degli altri come terapia rispettosamente invasiva.
Rapine di autofinanziamento fatte un po' per noia, un po' per protesta. Il lato oscuro di un famoso quartetto che sceglie di recitare il ruolo di Robin Hood della canzone italiana.
Un elogio scanzonato della violazione di domicilio ben prima del boom di Airbnb: istruzioni dettagliate, scritte con affetto e fondamentalmente per il suo bene, dedicate al quel turista che per caso capiterà a casa mia.
La storia di me e di quello che, se non proprio un animale domestico particolare, poteva definirsi un coinquilino atipico. Alla faccia della pet therapy.
Le parole sono importanti, questo si sa. Il loro significato invece, quello è del tutto soggettivo. Vi ho mai raccontato di quella volta che mi misi a scrivere un vocabolario?
Dialogo a più voci sovrapposte: pièce metateatrale a bordo strada per curiosi con sufficiente tempo da perdere. Ovviamente, la morale è scontata: non son tutte rose e fiori.
Quello che avanza di un Carnevale fallito in partenza. Una lettera di addio o forse di arrivederci. Una manciata di desideri inespressi, come coriandoli sospesi, per qualche stella filante caduta.
La triste storia di Pino, teorico della filosofia ultrà, che all'atto pratico, nella comfort zone di un autogrill, fallisce miseramente la messa in atto del concetto di menare per primo.
Romeo e Giulietta al tempo dei saldi. Ovvero quando l'amore è in vetrina, ma nemmeno la sorte cinica e bara ha deciso che non puoi permetterti nemmeno quello.
Le mie supposte incapacità giornalistiche in un'intervista immaginaria a Kurt Vonnegut: tante sigarette, altrettante domande, poche risposte, qualche alzata di spalle. Mentre così va la vita.
Il mondo, il fumo, il rimto e le candele. Scopri cosa hanno in comune, o almeno cosa avrebbero in comune se tutto andasse come dico io, se davvero avesse ragione quella canzone là.
L'educazione prima di tutto, anche prima della curiosità, dell'ammirazione sincera, dell'invidia più nera. Un bacio da Guinness dei primati e io lì a guardare.
Il protagonista inatteso del bestiario 2.0: una new entry inaspettata nella classifica degli aggeggi inutili di questo modo (quasi) sempre connesso.
Abbiamo un sindaco ubriaco o certi ubriachi dovrebbero candidarsi a sindaco? Ordinanze comunali incoscienti che non tengono conto di casi particolari che in sede di appello metterebbero in seria crisi qualunque logica etilica.
Il dialogo surreale (ma reale) con un soldato del Signore. Ovvero l'evangelizzazione coatta ai tempi dell'ADSL: quando ti servirebbe un tecnico della Telecom e invece ti mandano quello dell'ENEL, più o meno.
Faceva una specie di freddo, ma c'era quella vecchia canzone dei Pavement a scaldare un guscio ovattato in cui rinchiudersi: quella musica che va ma non arriva mai, così dimessa, come una piazza. E niente altro.
I Soulwax e il loro album di remix, quello con quel titolo lunghissimo che bisongna prendere fiato per dirlo tutto e che potrebbe creare non pochi problemi nella vita reale. Un caso di studio.
Il live report più corto della storia, giusto per sottolinare una delle più sadiche declinazioni moderne della più vecchia delle torture, vecchia quanto il mestiere più vecchio del mondo.
Musulmani ed ebrei confinati in un quartiere, alle prese con basse questioni mediorentiali quotidiane come fare la spesa senza scontentare nessuno e tenere la kippah dritta.
Una collezione di CD e uno che non sapeva fare le recensioni, quelle perfide, sottilmente sarcarstiche e dolorosamente chirurgiche, perché alla fine ci trovava sempre qualcosa di buono.
Perdere e ritrovare la fiducia in se stessi a un concerto di una band d'oltremanica. Ovvero sentirsi fuori posto e non avere rimorsi, nemmeno col senno di poi.
La meravigliosa idea di un talento equilibrista naturale e di come prima lei e poi tutto il resto delle cose del mondo hanno contribuito a renderla irrealizzabile. Maledetta, sottile differenza tra teoria e pratica.
Una breve storia dal sapore carveriano. La verità amara nel cinismo travestito da saggezza di un tassita di notte: come un film dei Monthy Python, senza però le battute che fanno ridere. Nonsense e grottesco sgomento.
Dialoghi su Dio e sull'Uomo tra gli indigeni e noi, privati del sonno e affamati dagli stenti di un Ferragosto affollato lungo la costa tirrenica, rossa e traditrice.
Svelati i retroscena della più grande tragedia della Prima Repubblica: la verità passa da San Remo a suon di canzonette sovversive e personaggi ben noti agli inquirenti, anche se a dir poco insospettabili.
Gli anni di piombo in quei cazzo di anni zero. Una verità apocrifa che non può esser più tenuta nascoste né a grandi né a piccini. Perché basta fascicoli secretati: il mondo deve sapere.
Quella volta che c'avevo qualcuno che mi seguiva come un'ombra. Una spia? Un assassino? Uno stalker? Un rappresentante della Bofrost? Porca miseria, che spavento che mi son preso!
Il giovedì all'oratorio. Tabaschi e il gioco del calendario: un rituale all'apparenza blasfemo, ma che in fondo sviluppava la creatività dei ragazzi, e allora amen.
La degenerazione d'un amore in tre tappe. Ecco cosa fece Bartolomeo, esasperato fino all'osso. Una storia violenta dove la moglie vedi te che fine fa.
Piccoli imprenditori crescono. Come il nostro Arsenio, lui si che aveva capito cosa farci, con tutta quella fracca di lucchetti attaccata al Ponte Milvio come un vespaio. A proposito: collaboratori cercasi.
Il vecchio Girolamo e la sua nemesi, il cavalier Fabbroni. Ma soprattutto l'intuizione di Marchino riguardo alla vitale importanza di una lunga serie di piccole gioie da niente.
La cricca bislacca di quelli del Pianello. Cinzia, Patrizio, il professor Di Virgilio e tutta la coreografia necessaria per imbastire la rivoluzione dal basso. O qualcosa di simile, nel loro piccolo.
Miranda e la poca lungimiranza del suo oculista. Quando vederci male è l'unico modo per provare a sopravvivere e a non inciampare nel fantasma del filo degli eventi.
Da Cristoforo Colombo a Google Maps. Com'è andata che nessuno ha più il coraggio di chiedere la direzione anche quando ha palesemente perso la bussola?
Anche i blogger soffrono della sindrome da pagina bianca, anche se non è mica una pagina di carta. Per quello tutti sognano di finire in un paradiso dove avere sempre qualcosa da scrivere. Se non altro quello di cui hanno appena sognato.
Marta e il suo rapporto con il tempo. Amore e odio, ma sempre massimo rispetto per un concetto di ritardo a suo modo salvifico. Perché l'attesa, in fin dei conti, è tutto quello che ci resta.
Previsioni del tempo andato dall'alto di una panchina: ci sono giorni brutti, e anni da buttare. Secondo Gino erano quelli pari, per la precisione. E non aveva mica tutti i torti, a ben vedere.
Un fenomeno tristemente noto a tutti gli antropologi: la malattia del nuovo millennio, un'era in cui tutti hanno qualcosa da dire e — adesso — hanno pure lo strumento perfetto per dirlo. Non che sia necessariamente un bene.
Non c'è sveglia che tenga, calendario che ti salvi: in amore, non si è mai abbastanza in orario. Come conferma un recente studio effettuato su due classici esemplari da stazione.
Quel giorno che io e il mio Io si decise di partire e fare il giro del mondo a piedi e si dormì pure una notte fuori, in una pensioncina che ora tocca fargli una recensione da 10 e lode su Tripadvisor.
Una lettera a me stesso scritta in piena notte come se io fossi Beckett e me stesso non fosse un cazzo. Un monologo dell'assurdo frutto dell'insonnia che non porta da nessuna parte. O forse sì?
Il mare, un muretto e Irene. Rituali, abitudini e la donna della mia vita. Una storia sugli Etruschi, prevalentemente, ma non solo. Per scegliere da che parte stare.
Nella vita meglio non esagerare, anche con le cose belle. Perché la crisi di rigetto è sempre dietro l'angolo. Parola di pesce palla.
A Carnevale ogni scherzo vale, ma anche no. Discussioni etico filosofiche su una delle feste più sopravvalutate con un tizio molto più basso di me, ma vestito molto meglio.
Ma dove corre tutta questa gente che corre in questo mondo imbecille che ogni giorno ci tocca di correrci dentro? E soprattutto, poi ci arriva? Io c'ho forti dubbi al riguardo.
Una storia di salvataggi last minute: bagnini non avvezzi ai trasporti ferroviari, disabili testardi e accompagnatori poco affidabili a cui tocca sempre il lavoro sporco.
La triste storia sentimentale di Kierkegaard, se letta nemmeno troppo tra le righe, finisce per non rappresentare altro che l'espressione certificata del matrimono come filosofico abbrutimento della vita matrimoniale.
La storia tragica di una festa comandata e il ruolo cruciale che ha avuto, insieme all'aggravarsi delle crisi di coppia, nella spartizione dei diritti televisivi.
Una domanda complicata: come si fa a capire che si è innamorati o che si è ancora innamorati? Una riposta semplice semplice che non ti aspetti. Tipo il rasoio di Occam, ma meno affilata.
Le faccine spiegate a quelli che ancora vorrebbero usare i suoni onomatopeici. Se non addirittura a quelli che son nati ai tempi della Torre di Babele e ancora rimpiangono l'antica Mesopotamia.
Una sinusoide alternata di stati d'animo alternati a incastro. Un pericolosissimo loop che rischia di fare male alla salute. Emozionarsi a catena alla lunga stanca.
Dalla rubrica misteri sull'internet. Ovvero di quella volta che mi rapirono un post e me restituirono senza commenti. Quella volta che la blogsfera si commosse sul serio.
Una dettagliata operazione di debunking, opportunamente corredata di numeretti e statistiche certificate, su quella storia delle catene di Sant'Antonio sull'internet.
Ti telefono o no, mi telefoni o no. Mi ami, ma quanto mi ami? Due solitudini perfettamente simmetriche in una scena senza parole sull'arte del riagganciare con muta rassegnazione.
Gatta di nome e di fatto, la mia gatta. Strana come tutti i gatti, ma — come tutti i gatti — strana a modo suo. Così strana che uno non può che innamorarsene a prima vista.
Dichiararsi ma con cautela. Incertezza finché morte non ci separi. Senza impegno, come nelle televendite, quelle di Giorgio Mastrota.
Wim Wenders in provincia. Sogni annebbiati, potenziali angeli, ma soprattutto una piuma. La sottile differenza tra scappare e volare via.
Come dice il saggio, quello col culo per terra e il femore rotto: non è la caduta che mi preccupa, è l'impatto al suolo.
La versione del famoso romanzo di Hemingway per le scuole elementari. Pedagogia for dummies, nel vero senso della parola. Altro che Montessori!
La favola di Nico e Cristina. Un talento tutto particolare minacciato da seri problemi etici, amore a fiocchi e l'importanza di avere sempre una sciarpa a portata di mano.
Le catene non quelle sadomaso. Le catene quelle tipo un virus che quando te lo passano devi fare qualcosa altrimenti ti cascano le braccia e poi muori. Alla faccia di Sant'Antonio.
Un disagio che ho riscontrato tra le dita delle mie mani, che porta a degli inconvenienti a volte un po' imbarazzanti. Eppure pare sia un mal comune, non saprei dire quanto gaudio.
Biglie di vetro e gomme da masticare. Ricordi di quando io il mondo non lo conoscevo manco di striscio eppure già me lo stavano portando via da sotto il culo.
Una storia di scarpe col tacco e improvvise, inspiegabili stravaganze mattutine. D'altra parte, il diavolo sta proprio lì, dicono.
C'hanno preso tutto, anche il Televideo. Una volta isola felice di austerità tedesca fluorescente, ora anch'esso specchietto per allodole gossippare, in mancanza d'altro.
Un lettera aperta a Isacco Newton per raccontargli che la dinamica non si esaurisce in una qualche interazione di forze. Tipo la deriva esponenziale dei commenti a un post.
Niccolò Ammaniti e qualche chilo di carta: riflessioni su letteratura e cultura in Italia tra una gara con i carrelli e l'altra, al supermercato.
Nozioni base di acustica anche per voi che non ve ne potrebbe fregare di meno. Perché sapere come tirar fuori le gambe da tutto il mucchio di armoniche che ci circonda può sempre far comodo, nella vita.
Ho scritto un romanzo. O forse no. Magari è solo un'idea. Ma è un'idea rivoluzionaria che nella storia della letteratura non so mica se ci era già venuta a qualcuno. Può essere che sì, ma non credo.
Il mio Io che si ribella e per una notte scappa di casa. Il mondo visto da lontano e non è che sia poi tutto questo gran bel vedere. Però crea dipendenza.
Va bene che l'amore è bello se non è litigarello, ma oltre un certo punto bisogna che intervenga qualcuno che ha il coraggio di chiamare le cose con il loro nome.
Intercettazioni sull'autobus che danno un'idea del paese reale. Anziani facilmente suggestionabili dal fraintendimento facile, ai margini della legge Bossi-Fini.
Una voce metallica e un professionista della fibra ottica che lavora come se vivesse in una canzone dei Sex Pistols: grezzo, di poche parole e rapidissimo.
Una storia di indicazioni sbagliate nella foresta della profonda provincia, dove la fibra arriva a fatica ma gli operatori del servizio clienti se non altro si rendono conto.
Una favola remixata alla luce delle moderne teorie turbo-capitaliste, avendo cura di buttare nel cesso il politically correct.
Improbabili statistiche per scacciare i Testimoni di Geova o aspiranti tali. Quando la legge dei grandi numeri rischia di ritorcersi contro.
Chiamiamolo un sogno quasi erotico di mezzo autunno. Una storia d'amore tra due giovani pesantemente ostacolata dal bipolarismo estremizzato dei luoghi comuni.
Una mia vecchia teoria confermata da un intervista a uno che ne sa, di donne, parole, palchi e come vanno le cose nel cosiddetto music business.
Una storia di musica nera a profonda provincia, dove la fibra arriva a fatica ma i tecnici che dovrebbero installartela sono appassionati di musica, quella buona.
Una storia vietata ai minori, fatta di incomprensioni, a tema magazine musicali proibiti, per una lotta continua contro gli edicolanti conservatori.
C'era una volta il cinema. Poi cosa è successo? Dove stiamo andando a finire? Va bene il progresso, ma sono solo io a sentire tutta questa puzza di bruciato?
Una storia di calcio, ma solo marginalmente. Una storia di stanchezza, piuttosto. Di quando la distanza è troppa per colmarla di gioia e allora ti arrangi con quel che passa al convento.