Aiuti in incognito

Aiuti in incognito

Una storia che c'ha come morale quella cosa che gli aiuti da casa non fanno mai male, come ci insegna la nostra subcultura malata di quiz televisivi. A sua insaputa, s'intende.

22 Luglio 2008

Oggi passavo lungo il corridoio e ho visto la camicia di Polly. La camicia di Polly, ammucchiata per terra in modo scomposto. Ho sorriso in un riflesso incondizionato dall'abitudine: lo manca sempre.

L'attaccapanni, dico. Eppure insiste lo stesso a volerci tirar su le robe da lontano. È come una scommessa. O un rituale, non so.

O forse solo un'innata incapacità di dare alle cose il ruolo che vorrebbero avere alternata senza un criterio ben preciso al talento naturale di scambiare ogni complicazione per un gioco a ostacoli, di quelli ti diverti più a ridere di te quando inciampi che a vincere sul serio. Lo stesso talento, pensarci bene, che ti permette di prendere la vita e paragonarla a una corsa senza premi, in cui tu gareggi a bordo di una vasca da bagno trainata da due tartarughe, eppure hai le stesse probabilità di arrivare primo degli altri: né più né meno. Vincere niente, questo è appurato, ma con le stesse possibilità dei concorrenti che ti stanno intorno.

Mica poco, pensavo.

Spaventapasseri

Deve esser per quello, pensavo, che fa così, Polly.

Che insiste, volerci tirar su le robe da lontano, ma senza preoccuparsi minimanente dell'esito del lancio. Pensavo che deve essere un po' come dire: io ho giocato — più tardi, forse, passo a vedere come è andata a finire. Pensavo che chissà come sarebbe, riuscire tutti a inquadrarla così, la vita: da lontano ma senza perder tempo a prender la mira. Magari non cambierebbe niente, pensavo, magari, guardarci allo specchio, sembreremmo gli stessi stanchi spaventapasseri di prima.

Ma magari. Magari ci scopriremmo per un attimo più felici. Felici sgangherati spaventapasseri.

Le cose simmetriche

Allora poi mi son chinato, ho raccolto il mucchietto di cotone accasciato sul pavimento e l'ho appeso all'attaccapanni.

Un po' di sbieco però, che Polly, le cose simmetriche non ci son mai piaciute a Polly: le cose simmetriche che se poi son troppo simmetriche rischi di sbagliar lato e non accorgertene.

A tal proposito mi raccontava sempre, Polly, del suo compagno delle elementari, un certo Contini, che quando il professore iniziava a dettare il problema di geometria «Consideriamo un quadrato di lato 5…», lui lo interrompeva immancabilmente dicendo:

  • Di quale dei quattro lati stiamo parlando?

Alla fine poi ce l'ha fatta comunque, Contini, a finire le scuole: ora lavora in una fabbrica di hula hoop, un posto strano, dove ci son solo cerchi e al massimo qualche sfera.

Una mano

Così mi son fermato a controllare il tutto da una certa distanza.

Sembrava proprio uno spaventapasseri, così con una camicia da donna addosso, l'attaccapanni. Uno spaventapasseri al ballo di gala, che guida la dama in una danza storta che non va da nessuna parte, ma almeno ci va a ritmo. Ma soprattutto sembrava il finale scritto di quel lancio in corsa, senza pretese ma con qualche speranza.

C'avrebbe creduto anche questa volta, Polly, mi son detto. E allora ho sorriso in un riflesso incondizionato d'abitudine: lo faccio sempre.

Che nella vita, anche se si sta solo giocando, una mano non fa mai male.

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