A suo tempo sarebbe finito tutto nel bel calderone che era il concetto di blog di una volta, ma ora che è tornato di moda il longform tocca differenziare, e allora questi sono post più lunghi degli altri che hanno più o meno un inizio e una fine (quasi mai un senso, ci mancherebbe – forse una morale, ma nessuno ha ancora capito quale), anche se abbastanza lontani l’una dall’altro.
La storia di Kid A, ovvero il resoconto di un esperimento fallito, almeno nelle intenzioni. Anzi, no. O comunque, per fortuna.
La storia di Windowlicker e del suo video, ovvero le ragioni del perché vent'anni fa, dovunque ti girassi incontravi il brutto muso di Aphex Twin. Citofonoare a Chris Cunningham per ulteriori chiarimenti.
I Therapy? tornano in Italia per due date in croce ed è subito 1994. Più o meno. Del perché una band del genere può avere il suo senso anche dopo trent'anni. Attenzione: contiene punti interrogativi.
Più che un semplice gran bel disco, Good Morning Spider di Sparklehorse è stato qualcosa di più: un primo (e inutile) tentativo di rimettersi in piedi.
Di come tutta la serie di sfighe della tua vita può comunque non farti passare la voglia di ricostruire sorrisi: i tuoi e quelli di chi ti ascolta. Chiedete a Mark Oliver Everett.
Di come solista non vuol dire solo. Ovvero quel ragazzo con il codino e l'occhietto ammaccato che aveva preso alla lettera il poeta che amava ripetere: balla che ti passa.
Volume in senso di decibel, volume in senso di spazio: Justin Broadrick e GC Green giocano bene nello stretto e dimostrano di non aver perso un grammo della loro intensità sonora.
Chi l'avrebbe mai detto che la più brava a rimanere a galla sulla cresta dell'indie sarebbe stata proprio la band su cui nessuno avrebbe scommesso un centesimo, nel lontano 2007?
Chi era Daniel Johnston? Il mito frainteso del più grande outsider del rock americano raccontato come una dolceamara favola folk underground. E tutti i danni collaterali che si è portato dietro la cosa.
Joshua Radin, dal vivo, va oltre il suo status di raccomandato dalla TV americana e dimostra che le sue canzoni valgono più della colonna sonora di una degenza in ospedale.
La band di Stuart Braithwaite, all'Estragon di Bologna, mette in scena l'ennesimo spettacolo perfetto in una carriera ventennale. Oggi come ieri, una semplice questione di imbarazzo nella scelta.
Prevenire è meglio che curare, ma curare è meglio di niente. Di quando l'asse portante dei Radiohead c'ha provato a farlo con le zone terremotate di Marche e Abruzzo.
Simmetrie e asimmetrie di un Carnevale a metà. Geometria in due e tre dimensioni ripartire senza ripetersi né scontentare nessuno. Ovvero gli Arcade Fire al Firenze Summer Festival.
Una parata di reduci dalla vita prima ancora che dalla musica. Lacrime, vino e polvere per le memorie dell'evento dell'anno, anche se chi era lì difficilmente riuscirà a dimenticare.
Il racconto, diciamo di fantascienza, di una tizia del Minnesota. Tradotto in italiano, perché anche voi analfabeti possiate apprezzarlo appieno. Meno puccioso di quanto potrebbe sembrare dal titolo.
Quel disco famoso degli Smashing Pumpkins e tutta la tristezza dell'anniversario di un'era, piuttosto che di un qualunque album.
Cracovia come Cavriago, piccole Pietroburgo. Solidarnosc e ebraismo, arte concettuale e post-comunismo in un omaggio agli Offlaga Disco Pax, dove anche Lenin finisce le lacrime per piangere.
Elogio della pirateria digitale, emozioni a 128k e sharing di ricordi partigiani a banda stretta: per tutti quelli che hanno vissuto sulla loro pelle e non dimenticano il mondo prima dell'ISDN.
Una storia di statistica, calcio globale e politiche demografiche: sulla strada della collaborazione internazionale e dell'uguaglianza sociale, mattocino dopo mattoncino.
La teoria della relatività ai tempi dei telefilm anni '80: un piccolo mattoncino per un omino, quaranta miliardi di piccoli mattoncini per l'umanità.
Tragedia al Santiago Bernabeu, ovvero il primo LEGO non si scorda mai. Soprattutto se te lo distruggono la sera della finale dei mondiali.
La solidità granitica del rock'n'roll, tra succhi di frutta, radio e televisione. Un mondo diviso in due, dove devi scegliere da che parte stare, e pregare non sia quella sbagliata.
Una storia che nessuno vi ha mai raccontato, un complotto d'altri tempi orechestrato da uno di Gubbio e da tutti gli altri capoccioni, laggiù a Roma.
Una roba di architettura artistoide ed ecomostri mischiata con una roba di autostrade e lavatrici: la storia di Lanzavecchia e di quella volta che partì con Guastelli. Oh, ancora non son mica tornati!
Un complotto mai svelato, organizzato da quelli giù a Roma, che ci han portato via dieci anni da sotto il culo. Altro che dolce vita, boom economico, Vespa 50 Special e Mike Bongiorno!
I mille significati dello stare, il rimanere fermi come unica, vera, direzione ostinata e contraria, soprattutto quando intorno a te tutto si muove. Tipo questo vento porco.
La Mara non si faceva mica problemi, anche se su Tripadvisor poi le recensioni dicevano che il servizio era sì rapidissimo ma la cottura da rivedere. Maledetti hater infami.
Un concerto che inizia la sera della fine del mondo e finisce sette anni dopo. Una traversata, cadenzata sul ritmo di un disco troppo presto dimenticato. Un'amicizia sospesa, tra i suoi trucchi e i suoi rituali. Un remix fatto con i ricordi, i ricordi di uno che non sa smettere.
Chiaramonti e Ariosto giù al bar a bestemmiare quell'anno che non finiva mai per colpa di un istante che sembrava messo lì apposta per far traboccare il vaso, tra flipper e gelati Sammontana.
Nunzio e il suo banchetto alla fiera di primavera: tutto il bello e il brutto di una carriera in solitaria, passata a svuotar le cantine, difendendo la sua dignità e fronteggiando i ricordi degli altri.
Di nuovo Cerini alla ribalta. Dalla cartella degli X-Files, ecco quella volta che prese possesso del bancone del bar per mettere in mostra la sua dote migliore: far scappare, frustrati, i clienti occasionali.
Una lezione di vita (o quantomeno su come allungarsi la vita) da parte di Cerini giù al bar. Fiammiferi contro accendini, bestemmie senza morale e tutta l'inutilità di un'attesa.
Ve l'ho mai raccontato di quella che son rimasto tutta la notte sdraiato sulla spiaggia e ho rischiato di combinare un casino di proporzioni epiche? Speriamo che nessuno si sia accorto di nulla.
Una storia che c'ha come morale quella cosa che gli aiuti da casa non fanno mai male, come ci insegna la nostra subcultura malata di quiz televisivi. A sua insaputa, s'intende.
Ci sei mai stato da MediaWorld? O da Euronics? Allora senti un po' la storia di Martinelli, lui che a parte quel problema lì che c'aveva con quei posti dei televisori, poi, per il resto, tutto a posto.
Come passare il tempo nelle stazione dove il tempo passa in un modo tutto suo. E un modo drastico di fermarlo, il tempo. Una roba da non fare a casa. E nemmeno altrove, fidatevi.
La storia di me e Bartolozzi, del bar di Cosimo e di tutte le cartoline che sbirciavamo scassinando la cassetta della posta. I ricordi degli altri come terapia rispettosamente invasiva.
Rapine di autofinanziamento fatte un po' per noia, un po' per protesta. Il lato oscuro di un famoso quartetto che sceglie di recitare il ruolo di Robin Hood della canzone italiana.
Le parole sono importanti, questo si sa. Il loro significato invece, quello è del tutto soggettivo. Vi ho mai raccontato di quella volta che mi misi a scrivere un vocabolario?
Dialogo a più voci sovrapposte: pièce metateatrale a bordo strada per curiosi con sufficiente tempo da perdere. Ovviamente, la morale è scontata: non son tutte rose e fiori.
Quello che avanza di un Carnevale fallito in partenza. Una lettera di addio o forse di arrivederci. Una manciata di desideri inespressi, come coriandoli sospesi, per qualche stella filante caduta.
La triste storia di Pino, teorico della filosofia ultrà, che all'atto pratico, nella comfort zone di un autogrill, fallisce miseramente la messa in atto del concetto di menare per primo.
Faceva una specie di freddo, ma c'era quella vecchia canzone dei Pavement a scaldare un guscio ovattato in cui rinchiudersi: quella musica che va ma non arriva mai, così dimessa, come una piazza. E niente altro.
La meravigliosa idea di un talento equilibrista naturale e di come prima lei e poi tutto il resto delle cose del mondo hanno contribuito a renderla irrealizzabile. Maledetta, sottile differenza tra teoria e pratica.
Una breve storia dal sapore carveriano. La verità amara nel cinismo travestito da saggezza di un tassita di notte: come un film dei Monthy Python, senza però le battute che fanno ridere. Nonsense e grottesco sgomento.
Svelati i retroscena della più grande tragedia della Prima Repubblica: la verità passa da San Remo a suon di canzonette sovversive e personaggi ben noti agli inquirenti, anche se a dir poco insospettabili.
Gli anni di piombo in quei cazzo di anni zero. Una verità apocrifa che non può esser più tenuta nascoste né a grandi né a piccini. Perché basta fascicoli secretati: il mondo deve sapere.
Il giovedì all'oratorio. Tabaschi e il gioco del calendario: un rituale all'apparenza blasfemo, ma che in fondo sviluppava la creatività dei ragazzi, e allora amen.
Il vecchio Girolamo e la sua nemesi, il cavalier Fabbroni. Ma soprattutto l'intuizione di Marchino riguardo alla vitale importanza di una lunga serie di piccole gioie da niente.
La cricca bislacca di quelli del Pianello. Cinzia, Patrizio, il professor Di Virgilio e tutta la coreografia necessaria per imbastire la rivoluzione dal basso. O qualcosa di simile, nel loro piccolo.
Miranda e la poca lungimiranza del suo oculista. Quando vederci male è l'unico modo per provare a sopravvivere e a non inciampare nel fantasma del filo degli eventi.
Marta e il suo rapporto con il tempo. Amore e odio, ma sempre massimo rispetto per un concetto di ritardo a suo modo salvifico. Perché l'attesa, in fin dei conti, è tutto quello che ci resta.
Previsioni del tempo andato dall'alto di una panchina: ci sono giorni brutti, e anni da buttare. Secondo Gino erano quelli pari, per la precisione. E non aveva mica tutti i torti, a ben vedere.
Il mare, un muretto e Irene. Rituali, abitudini e la donna della mia vita. Una storia sugli Etruschi, prevalentemente, ma non solo. Per scegliere da che parte stare.
Ti telefono o no, mi telefoni o no. Mi ami, ma quanto mi ami? Due solitudini perfettamente simmetriche in una scena senza parole sull'arte del riagganciare con muta rassegnazione.
Dichiararsi ma con cautela. Incertezza finché morte non ci separi. Senza impegno, come nelle televendite, quelle di Giorgio Mastrota.
La favola di Nico e Cristina. Un talento tutto particolare minacciato da seri problemi etici, amore a fiocchi e l'importanza di avere sempre una sciarpa a portata di mano.
Biglie di vetro e gomme da masticare. Ricordi di quando io il mondo non lo conoscevo manco di striscio eppure già me lo stavano portando via da sotto il culo.
Una storia di calcio, ma solo marginalmente. Una storia di stanchezza, piuttosto. Di quando la distanza è troppa per colmarla di gioia e allora ti arrangi con quel che passa al convento.