La mezza stagione

La mezza stagione

Una storia che nessuno vi ha mai raccontato, un complotto d'altri tempi orechestrato da uno di Gubbio e da tutti gli altri capoccioni, laggiù a Roma.

15 Maggio 2012

È vero, una volta c'era, dice il nonno di Baldazzi. Lui che c'era, una volta, lui dice che c'era, quella volta lì. E fu proprio una gran porcata, quella che organizzò quel tizio di Gubbio, in combutta coi servizi segreti, già a Roma. Una porcata che se ne senton le conseguenze ancora oggi, dice il nonno di Baldazzi, asciugandosi il sudore di maggio dai baffetti incolti con il suo fazzoletto di juta recante l'effige di Amadeo Bordiga.

Cercatelo su Wikipedia, chi era Amadeo Bordiga, fascisti ignoranti che non siete altro, dice il nonno di Baldazzi battendo con l'unghia sull'iPad che usa per farsi la barba grazie alla sua nuova fantastica camera frontale.

C'era una volta

C'era sì, una volta, la mezza stagione, dice il nonno di Baldazzi, lui che una volta c'era, quella volta che c'era la mezza stagione. E non è che è sparita così, all'improvviso senza un motivo come, che ne so, le sagome dei camerieri fuori dai ristoranti: quelle, son cose che misteriosamente accadono senza una data precisa, dice il nonno di Baldazzi citando quel poeta filo-sovietico dei giorni nostri, ma la mezza stagione no. Quella, la mezza stagione, c'è stato un giorno esatto che è scomparsa, e un ben noto motivo, e tutta una strategia massone che venne dai piani alti, dice il nonno di Baldazzi: che quel tizio di Gubbio c'aveva gli agganci giusti, borghese guardone capitalista palle mosce, dice il nonno di Baldazzi accaldandosi sempre più sotto il sole battente di metà aprile, ripensando a quel tizio di Gubbio che fortuna che è morto schiacciato dalla folla in mezzo a un comizio di Fanfani nel '75, ben gli sta.

Ma ormai il danno l'aveva fatto, dice il nonno di Baldazzi. Ed è un peccato, perché una volta c'era davvero. Non è mica un modo di dire quello che si dice oggi che non c'è più, dice il nonno di Baldazzi:

Non c'è più la mezza stagione.

Nel senso di lapide

Senti come suona triste, come suona irreversibile, come suona a morto, dice: lapidario nel senso di lapide, suona.

E qui fa un minuto di silenzio, il nonno di Baldazzi: si concede un respirone rassegnato, conta fino a sessanta e il suo pensiero va a tutti i giovani d'oggi che lui di solito ci scatarra su, sui giovani d'oggi dico, ma in questo caso particolare ci fan pure un po' di compassione, i giovani d'oggi al nonno di Baldazzi, loro che la mezza stagione non l'han mai vista né sentita né annusata. Tutte la margheritine bianche in fila sparsa sui prati verdi, le rondini che venivan sempre a due a due come i carabinieri (perché si sa, una rondine non fa primavera), Aprile dolce dormire e tutte quelle robe lì. Una volta c'erano, c'eran tutti gli anni, tutti i santi anni che Gesù Cristo metteva sulla terra c'eran le mezze stagioni: una roba che, dirla tutta, dice il nonno di Baldazzi, alla gente di una volta capitavan pure le volte che ci stavan sui maroni, le mezze stagioni.

Testimonianza ne è la famosa ballata di una certa Goggi Loretta, pasionaria d'altri tempi. Come faceva? «Na na na na na», ecco sì.

È proprio vero che uno non sa mai apprezzare le cose belle del suo tempo, dice allora il nonno di Baldazzi mentre tossisce con le pantofole intirizzite nella neve di inizio giugno. Uno non ci pensa mai che le cose che c'hai davanti, le cose che ci sei dentro, poi da un certo punto in poi finisce che non ci son più. Che non ce le hai più davanti. Che non ci sei più dentro. Senza però esserne fuori.

Non so se ci siamo spiegati, dice il nonno di Baldazzi. E invece. Puff: andate, sparite, introvabili da anni ormai. Come la mezza stagione, appunto.

Le cose

Ma lui lo sapeva come erano si erano svolte veramente le cose.

E se provi a dirgli che no, che è cosa praticamente certa che è colpa del riscaldamento globale, dell'inquinamento, dell'effetto serra, se gli porti i giornali, i trattati scientifici, le puntate di Quark e i numeri di Focus che testimonian la cosa, lui si mette a strillare, inizia a battere con il bastone sulla sua panchina preferita del parco Pertini facendo così cadere l'iPad che usa come vassoio per dar le briciole ai piccioni e ti dice effetto serra riscaldamento globale inquinamento un par di maroni. Tutte storia messe in giro da coso lì, come si chiama, il gran maestro della P2, il nonno di Licia Colò. Sì ecco, Licio Gelli.

Tutte fregnacce buone giusto per tener calmi gli ignoranti come voi, dice il nonno di Baldazzi tutto agitato nella sua cardiopatia vetero-primaverile. Lo sapeva lui che c'era quello che era successo.

Era una data ben precisa, mica una a caso come per la comparsa dei biscotti Togo al cioccolato. E per l'esattezza era il 21 marzo del '59 di una volta. Anzi, la notte tra il 20 e il 21 marzo, dice il nonno di Baldazzi che quando deve prender la pastiglia di Seroquel non sa mai dove l'ha messa, ma per certe cose di una volta c'ha una memoria da elefante, come si dice in gergo. Una volta sapeva anche perché — si dice una "memoria da elefante", dico — ma ora chi se lo ricorda più, dice il nonno di Baldazzi. Dopotutto, mica è un elefante, lui, dice.

Era un venerdì sera, per la precisione, che per le cose di una volta sa esser tassonomico e nozionistico fino al fastidio, il nonno di Baldazzi, e i giovani di una volta (quelli che ora c'hanno una certa età come lui, per intendersi, se non se li è già presi su il buon Dio) eran tutti a ballare alla Casa del Popolo. C'era quell'aria frizzantina delle sere di marzo di una volta, quella che ancora non si ballava nel parcheggio fuori, dalla Casa del Popolo dico, ma nel salone del biliardo, perché il tempo stava cambiando, sì, ma il meteo era ancora un po' pazzerello, e le ragazze, per sicurezza preferivano continuare a mettersi le calze pesanti per un altro paio di mesi. E c'era questo tizio di Gubbio che tutti i weekend veniva su in Vespa dall'Umbria a cercar rogne, dice il nonno di Baldazzi.

E insomma niente, dice. Fu lui. Lui quello di Gubbio. Che quella sera di marzo di una volta, mentre tutti ci davan dentro col boogie-woogie, si fregò la mezza stagione.

Non si sa come fece, e dove l'ha tenuta nascosta per tutto questo tempo. Se è ancora viva, se qualcuno ha chiesto un riscatto. Qualche giornale scandalistico ha scritto che l'han messa a tacere ricoprendola d'oro e l'han relegata sotto falso nome su un isolotto sperduto nel mar dei Caraibi: hanno anche intervistato il sindaco, di quell'isolotto. Pare abbia detto, nella sua lingua tutta un po' masticata e sensuale:

Vacca boia al giorno d'oggi non c'è più una stagione intera!

Un gran maiale

Ma torniamo a noi, e al tizio di Gubbio.

Sicuro non era una roba che un coglione come lui poteva averla pensata da sola, dice il nonno di Baldazzi. Ma c'aveva gli agganci giusti, quello lì. E va da sé che era d'accordo con quei capoccioni che stavan sulle poltrone più comode, giù a Roma.

Pare infatti che lui fosse interessato solo alla primavera, ma furon proprio quelli del SIFAR che gli suggerirono di portarsi via anche l'autunno, secondo quella strategia poi testata nei secoli dei secoli secondo cui la prima cosa da fare quando se ne combina una grossa è confonder le acque, per non lasciar punti di riferimento agli inquirenti, e poter poi dar la colpa ai comunisti, che pretendevan la parità dei salari, la parità dei sessi, vuoi che non si poteva metter in giro la voce che s'eran fissati pure con la parità delle stagioni? Avran pensato i cervelloni della capitale insieme a tutti quei colonnelli dell'aeronautica che hanno il monopolio delle previsioni del tempo.

E allora sì. In una notte sola via la mezza stagione, via la primavera, via l'autunno, via le margherite, le rondini, le castagne e le foglie secche. Con tutto il prevedibile sgomento degli elettori nei giorni a venire: una roba da non saper più come vestirsi, ma che fu subito insabbiata nell'entusiasmo del primo bagno al mare durante il ponte del 25 Aprile.

Una storia triste insomma, ma da tenere a mente, per non dimenticare, dice il nonno di Baldazzi. E soprattutto ricordiamoci, prima di insegnar ai bambini robe ridicole come l'effetto serra, l'inquinamneto e il riscaldamento globale, che fu tutta colpa di un tizio di Gubbio. Un certo Taddeo. Un gran maiale, dice il nonno di Baldazzi.

«Che lo sai perché s'era fregato la primavera?», ti chiede a quel punto, retorico, il nonno di Baldazzi, richiamando i piccioni spaventati tramite l'apposita app, quella che serve per far tubare l'iPad.

Perché voleva veder le cosce ignude della Rina. E non c'aveva la pazienza di aspettar fino all'estate.

La Rina era la nonna di Baldazzi, s'intende. Pace all'anima sua.

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