Terremoto

Terremoto

Storia di un colossale equivoco, tra sonno REM profondissimo, tragedie sismiche nazionali e un appetito insaziabile che fa tremare le budella fino alle fondamenta. Attenzione: contiene gattini pucciosissimi.

20 Maggio 2012

E niente. Dice, il terremoto. Il terremoto saran state le quattro di mattina e, per quelli vecchi come me e la Bea che il sabato sera vanno a letto a mezzanotte sfiniti da una finale di Champions League per di più densa di emozioni e conclusasi ai rigori, le quattro di mattina son precisamente quel momento della fase REM più profonda. Quella che se te la interrompono ti rovinan tutto il sonno e poi quando ti alzi sei più stanco di quando sei andato a letto. Quella che se ti svegliano in quella fase lì del REM profondo poi ci metti almeno dieci minuti a capire quello che sta succedendo. Quella che se ti rompono i maroni in quel momento del sonno abissale, salvifico e tonificante potresti ucciderlo, quello che ti ha rotto i maroni, una volta passati quei lunghissimi dieci minuti che ci voglion per capire in che mondo siamo e perché, bruscamente strappati da quelle quattro di mattina che eran fatte solo per dormire profondamente nel REM, come direbbe Sigismund Schlomo Freud detto Sigmund, che era un sognatore famoso di inizio Novecento.

Un gigantesco fraintendimento

Nel senso: c'è gente che giura di non aver sentito niente, ma quelli son gente giovane che alle quattro di mattina ballava la minimal in un seminterrato gonfia di Long Island e MDMA con i sensi offuscati da tutta quella giovinezza del sabato sera che gli ribolliva in corpo, abilmente shakerata con alcol puro e chetamina da un barman acrobatico fantasioso e certificato. Figurarsi sentir un terremoto in quelle condizioni.

Chiusi in un seminterrato, intendo.

Comunque sì, saran state le quattro di mattina e sarà durato trenta secondi buoni.

Non so se è chiaro quanto son lunghi trenta secondi infilati giusto all'inizio di quei dieci minuti in cui stai risalendo dalle profondità dell'abisso REM, cercando di capirci qualcosa mentre il tuo corpo e la tua mente non ne voglion sapere di collaborare. Altro che ecstasy e Negroni doppio con una sniffatina d'etere per guarnire.

Così. Non è per giustificarla, ma son dati di fatto scientificamente provati.

E insomma è stato proprio alle quattro di mattina e venticinque secondi che allora la Bea ha aperto gli occhi a fessura e, mentre gli inquirenti non escludevano nessuna ipotesi (dall'attentato terroristico alla tettonica a zolle), lei invece — lucida, fredda e infallibile — è andata dritta al colpevole lasciando da parte ogni ombra di ragionevole dubbio, ha alzato la voce severa e impostata come quando rimprovera il gatto e ha scandito bene le parole e i punti esclamativi:

Poldo! Smettila!

Una formula di stregoneria o qualcosa del genere, immagino, perché magicamente la terra ha smesso di tremare, l'armadio di oscillare, la testata del letto di battere sulla parete e tutto è tornato quieto come la camera di un neonato.

Quando il neonato è altrove, ovvio.

Ecco. Dice, il terremoto. Per noi, quei trenta secondi di violentissimo terremoto REM delle quattro di mattina, questo è stato: un gigantesco fraintendimento.

Posseduto

Poldo è il nostro gatto.

Cioè, voler ben vedere è il gatto della Bea, visto che è lei che gli garantisce vitto alloggio e cure mediche. Però l'ho scelto io, e a volte lo porto fuori al guinzaglio, come due scemi, io e Poldo fuori al guinzaglio, e allora forse è anche un po' mio: o almeno così mi piace pensare.

Che poi, dirla tutta ed esser onesti, Poldo non è né mio né suo: siam noi che siam suoi. Al suo servizio, sua proprietà e ostaggi della sua inesauribile fame.

Perché Poldo ha fame. Poldo ha sempre fame. Poldo più mangia e più ha fame. Una fame di quelle che è proprio fame, altro che un leggero languorino, altro che voglia di qualcosa di buono — alla faccia di Ambrogio e della signora di quella vecchia réclame.

O forse non è esatto dire che ha fame: Poldo è posseduto dalla fame, una fame che assomiglia più a un incantesimo malvagio che al semplice sano appetito di una buona forchetta.

E la mattina, questo lo sanno anche i bambini — anzi, questo lo sanno soprattutto i bambini — è il momento più complicato, per uno che ha fame. Perché durante il resto del giorno, con qualcuno sempre in giro e qualche gamba a cui strusciarsi, riesci comunque a elemosinare qualcosa. Ma dopo la pennichella notturna, quando ti svegli morso da quella maledizione delle viscere che ti è toccata in sorte e fuori appena albeggia, e la casa è muta, come deserta, e l'armadio con dentro le crocchette extralusso per gatti sterilizzati sbarrato e ostile, allora ti senti veramente perso e devi fare qualcosa, lanciare un allarme, richiamare l'attenzione.

Due piani

Poldo ha così messo a punto due piani, per l'emergenza-fame mattutina, e li mette in pratica alternativamente, in base alla stanza in cui si trova a passare la notte.

Se ha avuto la fortuna di dormire in camera sale sul comodino, si mette in equilibrio sullo stereo schiacciando immancabilmente il tasto EJECT e facendo balzar via un CD dei Joy Division e, dall'alto di quel reperto audio anni '90, inizia a buttare a terra, sistematicamente, a uno a uno, tutti gli oggetti a portata di zampa, in ordine di grandezza e di peso:

  1. il fermacapelli
  2. la matita
  3. l'orologio
  4. il caricabatterie dell'iPhone
  5. l'iPhone
  6. il libro di poesie di Pessoa
  7. l'abat-jour
  8. lo stereo anni '90

Per motivi di natura prettamente economica (ma anche affettiva, soprattutto nei confronti dello stereo), conviene alzarsi e rifocillarlo prima del punto 5.

Non so se ci siamo spiegati.

Funziona.

Il più delle volte però, per evitare questo stillicidio, viene preventivamente chiuso fuori dalla stanza in tempi non sospetti.

Lui allora, quando è il momento, quando quel mostro che ha in pancia comincia ad agitarsi, si avvicina alla porta, si siede lì davanti come un ebreo di fronte al Muro del Pianto e inizia a miagolare. O forse sarebbe meglio dire parlare. Sì, perché son tutta una serie di suoni sintetitizzati con il vocoder tipo Cher, la parodia di una chitarra con lo wah-wah, una cascata di frasi sconnesse l'una mai uguale all'altra che vanno avanti finché qualcuno non apre gli serve la colazione.

A quel punto non hai alternative diverse dal tirarti su dal letto e guardare angosciato la striscia di luce che filtra da sotto la porta drammaticamente interrotta da una massa scura: è il suo ragguardevole culo che ti dice senza giri di parole che non hai scampo.

Strategia semplice e lineare.

Funziona anche questa, se eseguita con metodo e costanza.

Fino in Emilia

Perché io e la Bea siam due che ci piace dormire. Due che la mattina dopo il sabato sera, soprattutto se è il sabato sera che abbian fatto le ore piccole tipo mezzanotte a causa di una finale di Champions League insospettabilmente fitta di colpi di scena dopo un primo tempo avaro di emozioni, è difficile che ci alziamo così, al primo allarme: se qualcuno suona alla porta lo lasciam suonare, se squilla il telefono lo lasciam squillare, se c'è il terremoto lo lasciam ballare quanto vuole.

Ma questo perché siamo abituati male, e confidiamo nell'innata insofferenza dell'essere umano, che se suona alla porta e nessuno gli risponde dopo un po' lascia perdere, se telefona e nessuno alza la cornetta dopo un po' riattacca. Anche il terremoto, già dieci secondi mi paion tanti a me, per i terremoti stanchi di queste parti.

Poldo invece no. Poldo inizia e non smette fintanto che non ha riempito — almeno parzialmente, s'intende — lo stomaco.

È un lavoro ai fianchi sistematico, è la goccia che scava la roccia, è un assedio medievale, è il concetto puro di "prendere per sfinimento". Non puoi buttarla sullo scontro, sfidarlo su questo campo, scommettere sulla tua pazienza, adottare la tattica di Gianna Nannini e dire vediamo chi cede per primo. Sarai tu, quella che cede per prima, puoi scommetterci, cara la mia Gianna.

Perché Poldo possiede solo una cosa più grande della sua fame: una fede incrollabile nel fatto che lamentandosene a oltranza qualcuno la soddisferà.

Parzialmente, s'intende.

E allora sì. Non per giustificarla, la Bea e la sua drastica soluzione del caso, in questa notte di mezza primavera dopo il tramonto di una finale di Champions League impronosticabile, ma me mi pareva una ricostruzione dei fatti verosimile:

Poldo, travolto un attacco di fame improvvisa, visto che tutte le altre tecniche di sveglia ormai da tempo sperimentate per la mattina sembravano non funzionare a causa di quella storia della profondità sonnifera REM, non ha trovato di meglio che mettersi a scuotere matto e disperatissimo la casa fino a quando non è riuscito a svegliarci.

Una roba che ne han parlato anche i telegiornali, che l'han segnalata anche su Twitter e Facebook, quei temerari che sentono il dover di scriver su Twitter e su Facebook ancor prima di correre a mettersi al sicuro, a discapito della loro stessa propria incolumità: le scosse si son sentite fino in Emilia, dove son crollati dei capannoni, dei vecchi monumenti son rimasti sventrati, e sette persone, purtroppo, son morte sotto le macerie.

Note a margine
Poldo ci ha lasciato a inizio luglio 2025, nel bel mezzo dell'estate più calda di sempre, almeno fino a quel momento, visto che ormai ogni estate è la più calda di sempre, ma sempre meno della prossima. Va da sé che abbiamo capito che non c'era più niente da fare quando ha smesso di mangiare. Spineless lo ricorda ancora come la cosa più importante della sua vita. Qualcuno giura di averlo sentito sussurrare «Anche più dei Radiohead».
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