Qui ci son le robe che son successe per davvero a Spineless. O almeno questo è quello che sostiene lui. Vai a fidarti, di gente così. Prevalentemente live nel senso di musica dal vivo (concerti, si chiamano), ma anche eventi bizzarri, imbarazzanti karaoke, riunioni su Zoom finite male e cam-2-cam a pagamento per soli adulti.
I Therapy? tornano in Italia per due date in croce ed è subito 1994. Più o meno. Del perché una band del genere può avere il suo senso anche dopo trent'anni. Attenzione: contiene punti interrogativi.
Di come tutta la serie di sfighe della tua vita può comunque non farti passare la voglia di ricostruire sorrisi: i tuoi e quelli di chi ti ascolta. Chiedete a Mark Oliver Everett.
Di come solista non vuol dire solo. Ovvero quel ragazzo con il codino e l'occhietto ammaccato che aveva preso alla lettera il poeta che amava ripetere: balla che ti passa.
Volume in senso di decibel, volume in senso di spazio: Justin Broadrick e GC Green giocano bene nello stretto e dimostrano di non aver perso un grammo della loro intensità sonora.
Chi l'avrebbe mai detto che la più brava a rimanere a galla sulla cresta dell'indie sarebbe stata proprio la band su cui nessuno avrebbe scommesso un centesimo, nel lontano 2007?
Joshua Radin, dal vivo, va oltre il suo status di raccomandato dalla TV americana e dimostra che le sue canzoni valgono più della colonna sonora di una degenza in ospedale.
La band di Stuart Braithwaite, all'Estragon di Bologna, mette in scena l'ennesimo spettacolo perfetto in una carriera ventennale. Oggi come ieri, una semplice questione di imbarazzo nella scelta.
Prevenire è meglio che curare, ma curare è meglio di niente. Di quando l'asse portante dei Radiohead c'ha provato a farlo con le zone terremotate di Marche e Abruzzo.
Simmetrie e asimmetrie di un Carnevale a metà. Geometria in due e tre dimensioni ripartire senza ripetersi né scontentare nessuno. Ovvero gli Arcade Fire al Firenze Summer Festival.
Una parata di reduci dalla vita prima ancora che dalla musica. Lacrime, vino e polvere per le memorie dell'evento dell'anno, anche se chi era lì difficilmente riuscirà a dimenticare.
Un'innocente domanda sui Facebook meme in generale, a partire da quel giochetto sui dieci gruppi che avete visto dal vivo. E non fingete di non sapere di cosa stiamo parlando.
Un mistero apparentemente irrisolto, degno di Chi l'ha visto?, svelato con la nonchalance di un giocatore di poker consumato durante un concerto in un locale indie di Milano.
Un concerto che inizia la sera della fine del mondo e finisce sette anni dopo. Una traversata, cadenzata sul ritmo di un disco troppo presto dimenticato. Un'amicizia sospesa, tra i suoi trucchi e i suoi rituali. Un remix fatto con i ricordi, i ricordi di uno che non sa smettere.
L'ennesima ammissione di inadeguatezza di fronte al bello nel suo senso più complesso. I Sigur Rós al Giardino di Boboli: un concerto difficile da raccontare anche se ne varrebbe la pena.
Hai presente quando non ce la fai? Cioè, quando non sai se ce la puoi fare o no, se ce la vuoi fare o no. Cosa è meglio fare e cosa no. Hai presente un concerto dei Radiohead? Ecco, ci siam capiti allora.
Il live report più corto della storia, giusto per sottolinare una delle più sadiche declinazioni moderne della più vecchia delle torture, vecchia quanto il mestiere più vecchio del mondo.
Perdere e ritrovare la fiducia in se stessi a un concerto di una band d'oltremanica. Ovvero sentirsi fuori posto e non avere rimorsi, nemmeno col senno di poi.
I gruppi di apertura, gli opening act ai concerti. A volte piacevoli scoperte, a volta tappabuchi di un'attesa impaziente, a volte semplici ospiti indesiderati.
Riflessioni a caldo a seguito di un sorprendente concerto dei Gotan Project. Una specie di breve stream of consciousness emozionale, più che un vero e proprio live report.