La soffitta di Spineless. Qui trovate buona parte di quello che ha scritto sull'internét — a casa propria o altrove — nei secoli dei secoli. La polvere la fa da padrona, è pieno di ragnatele e la luce funziona a intermittenza, ma con un po' di pazienza c'è il rischio tangibile di scovare qualche gemma dimenticata o rarità poco nota al grande pubblico (che grande — in qualunque senso vogliate intendere la cosa — poi non è mai stato). Quello che manca è ormai ufficialmente introvabile (anche da Spineless stesso) e potrebbe valere un sacco di soldi, almeno stando alle quotazioni del mercato nero sul dark web.
La canzone più strana del disco più strano dei Radiohead. Il grande fraintendimento che, da più di vent'anni, avvolge Treefingers, svelato.
Dark, la famosissima serie tedesca che nessun c'ha capito un cazzo, appare meno complessa se spiegata attraverso i più noti luoghi comuni sui crucchi.
La storia di Kid A, ovvero il resoconto di un esperimento fallito, almeno nelle intenzioni. Anzi, no. O comunque, per fortuna.
Fluido mica nel senso che avete pensato voi, brutti maiali. Fluido nel senso di aperto all'evoluzione. I Baroness con Gold & Grey dimostrano che non è un ossimoro.
La storia di Windowlicker e del suo video, ovvero le ragioni del perché vent'anni fa, dovunque ti girassi incontravi il brutto muso di Aphex Twin. Citofonoare a Chris Cunningham per ulteriori chiarimenti.
So che il vostro cuore nero vi porterà a negare l'evidenza, ma qualcuno doveva pur dirvelo: anche i Joy Division hanno scritto una ballata. Si chiama New Dawn Fades.
I Therapy? tornano in Italia per due date in croce ed è subito 1994. Più o meno. Del perché una band del genere può avere il suo senso anche dopo trent'anni. Attenzione: contiene punti interrogativi.
Ian Brown senza gli Stone Roses, quel diavolo d'un Caso, i redivivi American Football, i Manchester Orchestra e l'Avversario: cinque pezzi buoni per ripigliarsi dopo le feste.
I Chemical Brothers, gli Ismael, Cesare Malfatti dei La Crus, Elena Tonra dei Daughter e Thomas Bangalter dei Daft Punk in solitaria: cinque pezzi buoni per aspettar le feste.
Più che un semplice gran bel disco, Good Morning Spider di Sparklehorse è stato qualcosa di più: un primo (e inutile) tentativo di rimettersi in piedi.
Kurt Vile, gli Esterina, i Desire, Giorgio Canali e i Giardini di Mirò: cinque pezzi buoni per vivere tutti (in)felici e contenti dopo la festa dei morti travestiti male.
Matthew Dear è un tipo buono per tutte le stagioni, a suo agio sia durante un compleanno di bimbetti che in mezzo al porcaio di una festa d'addio al celibato.
Riccardo Sinigallia, gli Any Other, gli HEALTH con Soccer Mommy, Tess Parks con Anton Newcombe e pure Ron Gallo: cinque pezzi buoni per ripartire dopo l'estate.
Gli Amnesia Scanner ci provano con il mainstream convinti di ricevere un due di picche e invece quello, contro ogni previsione, ci sta subito al primo appuntamento.
Il nono disco dei Coral è un bubbone masticato da un'estetica retrofuturista e risputato da un giapponese sotto acidi dentro un videogame bubblegum-pop. Poi c'è quella cosa del leone, anche.
Dalla traduzione di un saggio di Suki Finn, l'incredibile teoria secondo la quale conoscere effettivamente cosa è un buco potrebbe salvare il genere umano.
Bonnie Prince Billy, Jeanne Added, Amnesia Scanner, Get Well Soon, Phantastic Ferniture: cinque pezzi buoni per rassegnarsi a stare in casa quando tutti sono in ferie.
Low, Spiritualized, Idles, Parquet Courts e HMLTD: cinque pezzi buoni per mettersela via e godersi comunque i mondiali di calcio anche senza l'Italia.
Di come tutta la serie di sfighe della tua vita può comunque non farti passare la voglia di ricostruire sorrisi: i tuoi e quelli di chi ti ascolta. Chiedete a Mark Oliver Everett.
Di come solista non vuol dire solo. Ovvero quel ragazzo con il codino e l'occhietto ammaccato che aveva preso alla lettera il poeta che amava ripetere: balla che ti passa.
Chromatics, Young Fathers, Fuck, Rival Consoles e Peace: cinque pezzi buoni per affrontare le prime botte di caldo senza cali di pressione o panico da allerta meteo.
Volume in senso di decibel, volume in senso di spazio: Justin Broadrick e GC Green giocano bene nello stretto e dimostrano di non aver perso un grammo della loro intensità sonora.
Poche band sono state associate a una canzone come gli Steppenwolf con il tema portante di Easy Rider. E pensare che, tecnicamente, manco l'avevano scritta loro.
Eels, Soulwax, Snow Patrol, The Coral e Cabbage: cinque pezzi buoni per saltare da un ponte di primavera all'altro senza perdere l'equilibrio, come se niente fosse. Parkour!
Oliver Ackermann tiene sottocontrollo le sue crisi di astinenza da pedal junkie con il disco più accessibile del catalogo degli A Place To Bury Strangers. Si fa per dire, ovviamente.
Shame, Jon Hopkins, God Is An Astronaut, Chvrches e Moon Hooch: cinque pezzi buoni per celebrare la santa Pasqua come Iddìo comanda, ma senza che si monti troppo la testa.
Tra la nicchia e il mainstream, senza essere fondamentalmente nessuna delle due cose: i Decemberists provano per una volta a uscire dal loro paradosso, ma finiscono per rimanere a metà dell'opera.
Courtney Barnett, A Place to Bury Strangers, Unknown Mortal Orchestra, Insecure Men e Soccer Mommy: cinque pezzi buoni per proteggersi dall'ultimo colpo di coda dell'inverno, dice il meteo.
Un disco che ti piace ma non sai perché, e alla fine pure chìssenefrega. In altri termini, gli Wombats che la sfangano anche questa volta, nell'unico modo di cui son capaci: facendo gli Wombats.
Decemberists, Dream Wife, Loma, Sweet Apple e B. Fleischmann: cinque pezzi buoni per superare quella farsa travestita e filante di stelle cartonate che è l'ennesimo Carnevale.
All'alba del terzo album, i Django Django fanno finalmente davvero centro: un disco intelligente e divertente, che mette in mostra un ricercato campionario di smorfie e le mischia con gusto ballerino.
I Black Rebel Motorcycle Club continuano la loro operazione di resistenza con un trucco semplice e banale solo in apparenza: riuscire a non essere né di moda, né fuori moda. Provateci voi, se vi riesce.
6 dischi usciti nel 2016 che ci cantano dentro in italiano. In gran parte scritti da gente anziana, che dovrebbe andare in pensione, se qualcuno ce la mandasse, e invece.
Sleigh Bells, Thunderpussy, Alex Cameron, U.S. Girls e Big Moon: cinque pezzi buoni per iniziare l'anno nuovo senza troppe paranoie, fioretti indigesti, né promesse da non mantenere.
Un personaggio così bizzarro che manco lo diresti che è crucco, con un talento tutto suo per danzare sul filo del ridicolo senza diventare mai la caricatura di se stesso.
Quando ci prendi gusto è difficile giocare al ribasso, e allora ecco le 70 canzoni che ci son piaciute di più (a Spineless) nel 2017, in un podcast mixato: cinque ore ininterrotte di musica che bisogna prender ferie per ascoltarle dall'inzio alla fine.
30 dischi usciti nel 2017 che ci son piaciuti (a Spineless) parecchio: l'inutile, inconsulta classifica di fine anno a suo insindacabile e non richiesto giudizio. Attenzione: contiene polemichette.
Fufanu, Pontiak, Oxbow, Formation e Elbow: quattro pezzoni e una bonus track natalizia per non dimenticare quest'annata, che tanto ha dato e ancora ha tanto da dare, in retrospettiva.
Archy Ivan Marshall torna dalla sua gitarella di piacere all'inferno fresco come una rosa appassita e ci lascia con consapevolezza che King Krule è a tutti gli effetti il progetto più innovativo degli ultimi anni.
Chi l'avrebbe mai detto che la più brava a rimanere a galla sulla cresta dell'indie sarebbe stata proprio la band su cui nessuno avrebbe scommesso un centesimo, nel lontano 2007?
Wombats, Spoon, OK GO, Oh Sees e Black Rebel Motorcycle Club: cinque pezzi buoni per programmare l'attesa dell'inverno. Con drammattica fallibilità meteoropatica, s'intende.
Chi era Daniel Johnston? Il mito frainteso del più grande outsider del rock americano raccontato come una dolceamara favola folk underground. E tutti i danni collaterali che si è portato dietro la cosa.
Bloody Beetroots, Tin Woodman, Tove Lo, EMA e Ought: cinque pezzi buoni per sedurre ogni automa. Ma funzionano anche se siete fatti di carne e ossa. Soddisfatti o rimborsati.
Joshua Radin, dal vivo, va oltre il suo status di raccomandato dalla TV americana e dimostra che le sue canzoni valgono più della colonna sonora di una degenza in ospedale.
La band di Stuart Braithwaite, all'Estragon di Bologna, mette in scena l'ennesimo spettacolo perfetto in una carriera ventennale. Oggi come ieri, una semplice questione di imbarazzo nella scelta.
Vessels, Grizzly Bear, Lali Puna, Com Truise e Joahnn Sebastian Punk: cinque pezzi che l'algoritmo probabilmente non vi suggerirebbe, e invece potrebbero essere la colonna sonora della migliore mezz'ora della vostra giornata.
Il nuovo disco del duo formato da Dominic Maker e Kai Campos scala le vette della post-dubstep senza nessuna paura dei fili dell'alta tensione. Occhio a non fare la fine di un Icaro 2.0, però.
La felicità improvvisa di Beck, artista californiano che fino a oggi mai aveva tirato fuori una roba così upbeat, spensierata e radio-friendly. In una parola, così californiana, appunto.
Il sequel del capolavoro di Ridley Scott, Blade Runner 2049, non esce con le ossa rotte dal confronto con l'originale. Solo un po' di reumatismi dovuti al tempo di merda.
Questa volta Darren Aronofsky piscia di gran lunga fuor dal vaso e mette decisamente troppa carne al fuoco, per poi darla in pasto al grande pubblico ancora troppo cruda.
Affinità e divergenze tra la companga Mackenzie Scott e se stessa. Il progetto Torres arriva alle soglie dell'età adulta: tra suggestioni sensuali e ambiguità di genere, un'esperienza di ascolto completamente immersiva.
Più che ferro e vino, ago e uncinetto. Il nuovo di Sam Beam è un disco che pare il centrino di nonna: ricamato a mano secondo un'arte antica, quasi a occhi chiusi, senza timori né tremori di sorta.
James Lavelle rimane da solo alla guida del progetto UNKLE e la cosa dà dei risultati tutt'altro che deleteri. The Road: Part 1 è un meraviglioso concept album.
Musica elettronica sperimentale prodotta da un ingegnere del suono grunge? Esatto: la collaborazione tra Ben Frost e Steve Albini dà risultati insperati. O forse esattamente quelli che avremmo dovuto aspettarci.
Prevenire è meglio che curare, ma curare è meglio di niente. Di quando l'asse portante dei Radiohead c'ha provato a farlo con le zone terremotate di Marche e Abruzzo.
Pezzi da classifica e poche idee. O forse troppe. Sicuramente, ben confuse. Il disco di una boy band che prova a imitare i Foster The People. Con scarsi risultati, tra l'altro.
Simmetrie e asimmetrie di un Carnevale a metà. Geometria in due e tre dimensioni ripartire senza ripetersi né scontentare nessuno. Ovvero gli Arcade Fire al Firenze Summer Festival.
Ottimismo a prescindere ed empatia selettiva: tornano i Broken Social Scene con un disco che è proprio quello che ti aspetteresti dopo averli persi di vista per così lungo tempo.
Una pillola anticomiziale a base di Algiers, per quando vorresti fare la rivoluzione ma il culo ti pesa troppo e non riesci a staccarti dalla sedia, e allora la fai col culo degli altri.
Una parata di reduci dalla vita prima ancora che dalla musica. Lacrime, vino e polvere per le memorie dell'evento dell'anno, anche se chi era lì difficilmente riuscirà a dimenticare.
Tu quoque, Kristoffer Rygg? Ovvero di quello che tocca fare a una ex black metal band norvegese per tirar fuori il miglior album della proprio carriera. Tipo ammazzare Giulio Cesare.
Un'innocente domanda sui Facebook meme in generale, a partire da quel giochetto sui dieci gruppi che avete visto dal vivo. E non fingete di non sapere di cosa stiamo parlando.
Con il loro nuovo disco gli australiani PVT provano a non lasciarsi incasellare in nessuna corrente specifica o movimento artistico strutturato, definendo una nuova geometria vetero-modernista.
Il racconto, diciamo di fantascienza, di una tizia del Minnesota. Tradotto in italiano, perché anche voi analfabeti possiate apprezzarlo appieno. Meno puccioso di quanto potrebbe sembrare dal titolo.
Avete presente Trainspotting di Danny Boyle? Ecco: stesso scrittore, stesso regista, stessi attori: non sappiamo niente dei cameraman, ma possiamo già definirlo un film a dir poco auto-citazionista.
Uno psicotico antidepressivo a base di Flaming Lips, per attenuare lo shock da rientro nel confronto con la vita quotidiana, perché se la realtà è quella che è allora è tempo di farsi un viaggio.
Sono arrivati. Son roba strane da un altro mondo e fanno una gran fatica a farsi capire. Che messa così è un po' l'autobiografia di Denis Villeneuve, regista di Arrival.
Il nuovo film di Jim Jarmusch è come una poesia sul nulla, ma così tanto nulla, un nulla così grosso, pesante, pervasivo, invadente: un nulla così presente che sembra quasi pieno di poesia.
5 dischi usciti nel 2016 che ci cantano dentro in italiano. Perché va bene non discriminare, ma si sa: le parole sono importanti, e capire fischi per fiaschi è un attimo.
Lasciare mai, quest'anno si raddoppia! Ecco le 60 canzoni che ci son piaciute di più (a Spineless) nel 2016, in un podcast mixato: quattro ore ininterrotte di musica che vi faranno superare indenni anche il solito Capodanno.
30 dischi usciti nel 2016 che ci son piaciuti (a Spineless) parecchio: l'inutile, inconsulta classifica di fine anno a suo insindacabile e non richiesto giudizio. Incredibile a dirsi, senza nemmeno un morto dentro.
I Sex Pizzul ci regalano la copertina dell'anno, votata all'unanimità, da tutti i campi collegati: un album da ascoltare con la radiolina, minuto per minuto. Interruzioni solo in caso di gol o risultato finale.
Il quarto disco dei Black Mountain è un lavoro visionariamento confuso come un mercatino delle pulci: una camicia di jeans della Standa, il casco di Giacomo Agostini e molta altra carne al fuoco.
Il nuovo disco degli Wild Beasts potrebbe essere il perfetto incrocio tra Metropolis di Fritz Lang e Drive In (sì, il buon vecchio programma di Italia 1): intransigenza e lustrini, sobrietà e caciara.
Il miglior breakdown di Cafè Society di Woody Allen risponde a una domanda a sorpresa: cosa c'entra Facebook con Laura Palmer e i vampiri di Twilight?
Un sedativo a base di Hope Sandoval, per riequilibrare l'impatto di qualunque onda sulle nostre giornate e trovare il volume giusto per compensarne la risacca.
Il nuovo di Anohni è un disco che ha perso qualche lettera (o nota, che dir si voglia) per strada. Un disco, come dice il titolo, senza speranza: la speranza di imparare come si scrive quello che l'ha composto.
Due spettri si aggiravano per l'Europa dell'Est e ora hanno sfondato anche a Occidente. Dalla ex Jugoslavia ecco i 2Cellos che, senza vergogna, infestano il limbo inesplorato tra musica classica e hard rock.
Delusione per il terzo album dell'enfant prodige dell'elettronica d'oltremanica: James Blake ci presenta un disco sbiadito e stinto, frutto di un imperdonabile errore di candeggio.
Un ipnotico a base di Adrian Nicholas Matthews Thaws, per imparare a sfangarsela giorno per giorno, un giorno alla volta, senza guardare troppo avanti, che oggi è già abbastanza.
Quel che rimane dell'amore, sopra le foto di Jo Broughton, che ha ben pensato di immortalare i set dei film porno, subito dopo che son finite le riprese.
E qui invece per quest'anno ci fermiamo a trenta: le 30 canzoni che ci son piaciute di più (a Spineless) nel 2015, in un podcast mixato: due ore ininterrotte di musica che in un mondo ideale dovrebbe andare in rotazione fissa su Radio 1.
30 dischi usciti nel 2015 che ci son piaciuti (a Spineless) parecchio: l'inutile, inconsulta classifica di fine anno a suo insindacabile e non richiesto giudizio. Ma non chiamatelo Best Of, che chissà quanta altra roba bella manca.
Quel disco famoso degli Smashing Pumpkins e tutta la tristezza dell'anniversario di un'era, piuttosto che di un qualunque album.
La sottile differenza tra mostrarsi nudi e sentirsi spogliati appare chiarissima scorrendo il porfolio di Mr. Chill, fotografo francese semiprofessionista e di sicuro molto indie.
Un'oppioide a base di Vessels, per quando scavare sul fondo del barile e infilare la testa sotto la sabbia e far finta di niente è l'unica soluzione praticabile.
Un antipsicotico a base di Gengahr, per superare le indecisioni di una stagione lunatica come la vita e trattenere il fiato in attesa di un meteo se non proprio più indulgente, almeno più prevedibile.
Un'analisi fin troppo approfondita del fenomeno Harp Twins, tra cosplay e metal, tra instagram e Medioevo, ma sempre e rigorosamente oltre la soglia del ridicolo.
La nuova frontiera delle classifiche di fine anno: retrospettive in avanti per una follia figlia di questa irrimediabile crisi d'astitenza dal futuro.
Una pillola ipnotica a base di Alt‑J, per quando vi renderete conto che state svanendo lentamente ed è già troppo tardi. Per rallentare il processo, o renderlo più sostenibile, almeno.
Le GIF non muoiono mai, anzi, per natura, danno vita a immagini statiche. Ma fino ad oggi nessuno aveva avuto la brillante idea di applicare il concetto alle cover dei dischi più famosi.
Cracovia come Cavriago, piccole Pietroburgo. Solidarnosc e ebraismo, arte concettuale e post-comunismo in un omaggio agli Offlaga Disco Pax, dove anche Lenin finisce le lacrime per piangere.
Un anestetico a base di Faint, per rimpiagere sul latte versato e tentare un'operazione last minute di rimozione totale del dolore, senza nessuna garanzia di riuscita dell'intervento.
Il progetto grafico Swissted del designer newyorkese Mike Joyce riesce a far convivere typography design d'oltralpe e musica indipendente: arte minimale e raffinata per nerd musicali incalliti.
Tutti i luoghi comuni nascosti nella festa più amata da grandi e piccini, in un'unica polemica piena di rime involontarie, alla faccia di Gianni Rodari.
Un anestetico a base di Shearwater, per trasformare ogni addio in un arrivederci, ogni falsa speranza in un appuntamento da non perdere, ogni mezza verità in un giuramento di sangue.
Un antipsicotico a base di Neon Lights, per combattere la comune credenza che divertirsi sia obbligatorio e che musica e ballo vadano per forza a braccetto. Su, non scherziamo.
Un oppioide a base di Flunk, per quando la calda, appiccicosa, umidissima afa estiva ti lascia privo di sensi e arrivare al tramonto pare un'immobile utopia polare.
Elogio della pirateria digitale, emozioni a 128k e sharing di ricordi partigiani a banda stretta: per tutti quelli che hanno vissuto sulla loro pelle e non dimenticano il mondo prima dell'ISDN.
Quando si dice morire di solitudine: la triste vicenda di Gianmario, pace all'anima sua ma anche mannaggia alli mortacci, sempre sua. Così come non ve la racconterà mai nemmeno Barbara D'Urso.
Ci dispiace dirlo, ma il nuovo disco di David Bowie altro non è che un misero riciclo dei fasti passati, una geniale minestra riscaldata, e pure col minimo sforzo. Shame on you, Duca Bianco!
Il perfetto spot anti-crisi. Un ben preciso progetto imprenditoriale che rivela l'unico modo per creare posti di lavoro: cosa aspetti? Diventa anche tu prete part-time!
L'emicrania del futuro. Blade Runner al sapore di paracetamolo. Ovvero un'attenta disamina del fenomeno delle lobby farmaceutiche internazionali ai tempi di Facebook.
Un anal-gesico a base di Munk e Peaches, per una nuova terapia del dolore che coinvolgerà principalmente, vostro malgrado, il delicato, innocente fondoschiena.
Un viaggio ad accesso casuale nell'universo Daft Punk, attraverso collaborazioni, remix e cover. Un successo annunciato, anzi no. Chiedete a quel tizio del Melody Maker.
Il progetto di Paul Lamere porta il nerdismo musicale su un altro livello. Ecco un jukebox dove se la tua canzone non c'è, puoi caricarla, ascoltarla quante volte vuoi, sezionarla e crearne innumerevoli versioni.
Una giovane band di rocker lombardi intrappolati (speriamo per sempre) in un mondo affascinante ma infame, ispirato alla nuovissima collezione LEGO: Legends of Chima.
Un antidepressivo a base di Daughter, per quando la neve si fa sabbia o viceversa e tutto quello di cui hai bisogno è una voce che ti dica che anche se niente va bene, va bene lo stesso.
Natasha Kahn si regala al pubblico come mamma l'ha fatta in un album che già dal titolo riporta in auge un femminismo mai sopito. Alla faccia di Francesco Bianconi: patriarcato, scànsate!
I Mouse On Mars tornano indietro dal futuro per raccontarci, con il loro nuovo lavoro, come la comunicazione linguistica cambierà in breve tempo. Anzi, come è già cambiata.
Una recensione affrettata che svela i pochi, semplice passi con cui i Godspeed You! Black Emperor sono riusciti ad ammaliare sotto traccia le giovani generazioni indie.
Malcom Middleton si libera finalmente del fantasma di Aidan Moffat e degli Arab Strap dando vita a Human Don't Be Angry, il suo progetto più giocoso, nostalgico e spensierato.
Una storia di statistica, calcio globale e politiche demografiche: sulla strada della collaborazione internazionale e dell'uguaglianza sociale, mattocino dopo mattoncino.
Soap&Skin torna con un album che non lascia spazio a trucchi di make-up e ti si presenta alla porta di prima mattina proprio così: al naturale, acqua e sapone.
Con il loro secondo album gli XX riescono senza particolari sforzi a bissare i risultati del loro debutto e a ripetersi, proprio letteralmente, per filo e per segno.
La teoria della relatività ai tempi dei telefilm anni '80: un piccolo mattoncino per un omino, quaranta miliardi di piccoli mattoncini per l'umanità.
Un disco che è un vero e proprio mistero questa ottava fatica degli Archive. Qualcuno ha chiesto un riscatto? Dove saranno finiti? Se avete informazioni, telefonate al numero in sovraimpressione.
Tragedia al Santiago Bernabeu, ovvero il primo LEGO non si scorda mai. Soprattutto se te lo distruggono la sera della finale dei mondiali.
Una tragica storia di dipendenza, scambi di persona e domande irrisolte: l'ennesimo dramma del rock, Ed Sheeran nei panni dell'ennesimo giovane fregato da un successo troppo rapido.
Un disco che entrerà nella storia della psichiatria, quello delle due sorelle Nicole and Natalie Albino, ma non certo in quella della parrucchierìa.
Calendari, apocalissi, coincidenze, date, numeri, nomi e cuori incrociati. Cosa c'entrano i Maya con i Radiohead? E i R.E.M. con Carlo Lucarelli? Paura, eh?
Frank Ocean si mette in proprio con un omaggio alla grande Olanda di Cruyff: un disco in tinta unita, senza l'ombra di una sfumatura e ricco di vitamina C.
Cronenberg rilegge DeLillo a modo suo, ovvero con un film epilettico impossibilitato a convogliare un qualche concetto importante sul futuro, qualunque esso sia.
Il primo (e forse ultimo) lungometraggio di David Longstreth: un film adatto alla visione da parte di minori, a patto che i minori in questione siano completamente strafatti di LSD.
Primo full-lenght per i Redrum Alone, smanettatori folli dalla Puglia profonda: un disco che aiuterà gli esperti di antropologia quando portano i loro bambini allo zoo comunale.
Cantiamo la bella stagione al ritmo della risacca, lungo la quale facciamo la guerra per non fare l'amore e il grunge, zuppo di sabbia e sale, ci lascia le penne.
La solidità granitica del rock'n'roll, tra succhi di frutta, radio e televisione. Un mondo diviso in due, dove devi scegliere da che parte stare, e pregare non sia quella sbagliata.
Seconda uscita sulla lunga distanza per Santigold: un disco imperiale e imperialista che prova a resuscitare un maestro del neoclassicismo.
A sette anni di distanza tornano i Saint-Etienne: un disco che fatica a trovare una direzione precisa, perso, senza campo e connessione dati e ormai più incapace di leggere una mappa cartacea.
Nuovo esperimento social-musicale per i Dirty Projectors. Sei abbondatemente sovrappeso e vuoi imparare a suonare la chitarra? Ecco il disco che fa per te.
Laetitia Sadier torna a viaggiare da sola con questo secondo album a suo nome: un disco dove il confine tra burloneria scherzosa e maleducazione è molto labile.
Album d'esordio per il duo canadese Trust: un'inspiegabile avversione per le vocali e per il gusto nelle scelte di make-up.
Gli emiliani Portfolio esordiscono sulla lunga distanza con un album fuori dal tempo: un misto di vintage, tenerezza e sfruttamento minorile domestico.
La nuova collaborazione tra due mostri sacri della musica sperimentale contemporanea non dà i risultati sperati. Nel senso che proprio non si realizza. Probabile che uno dei due abbia sbagliato indirizzo.
L'evoluzione dell'umarell, ovvero la pensione ai tempi dei lavori in corso in banda larga. Una riflessione metropolitana sul senso della vecchiaia nell'era del digitale.
Il nuovo disco di Mike Shiftlet guarda al futuro con inaspettato coraggio e fiducia nei propri mezzi, senza la minima paura di scoprire in anticipo il proprio destino o anche solo quello a cui andrà incontro.
È proprio vero che quando ti serve un lavavetri il semaforo è sempre verde. Come conferma Matthew de Zoete alle prese con il photo shoot per il suo ultimo album.
Gli ex Morning Benders virano sul pop nella sua accezione più eclettica e confusa: troppe influenze senza capo né coda, se non altro dichiarate fin dalla copertina.
I Foals selezionati da !K7 Records: basta DJ e indie rock con le chitarre. I mixtape ai tempi di Instagram: gattini tabagisti come se piovesse.
Secondo disco per i Kotki Dwa: rude, incontaminato, rupestre come l'orizzonte in fuga di una poesia di Montale a picco sulle bianche scogliere di Dover.
Una storia che nessuno vi ha mai raccontato, un complotto d'altri tempi orechestrato da uno di Gubbio e da tutti gli altri capoccioni, laggiù a Roma.
Gli 883 e la nuova compilation Con Due Deca: ovvero l'arte di sedersi lungo il fiume e saper aspettare che passi il proprio successo quasi postumo, in Paese dove, prima o poi, si rivaluta tutto.
Sessanta playlist, una al mese, andate perse nell'etere come lacrime nella fibra ottica, direbbe il poeta cyberpunk. Mixtape virtuali di quei bei i tempi in cui internet uccideva il copyright.
Mattina presto nella metropoli esplosa. Una riflessione sulla grammatica umana, una matura presa di coscienza dei propri intimi tempi verbali. Un guanto di sfida lanciato alle cose prima che succedano.
Un dialogo col ritornello sulla punta della lingua. Un quiz musicale faccia a faccia. Un Lascia o raddoppia? di nicchia. Il Canzoniere dei poveri. In conclusione: modestia a palate.
Un nostalgico alieno sotterraneo. Un vecchio dentro, perso al bar dell'autogrill. Uno che ha qualcosa a che fare con i Radiohead. Su, salutate Spineless!
La morte di Splinder e la fine di un'era. La glaciazione del web e la ristrutturazione della blogsfera: autocommiserazione in vetrina e strategie di sopravvivenza sull'internet.
Nell'ultimo (speriamo) capolavoro di Lars Von Trier Maria Antonietta, Serge Gainsbourg e Donald Sutherland, con i loro gravi problemi in famiglia, si preparano alla fine del mondo. Previsto brutto tempo.
La fine del comunismo in Toscana durante una giornata al circolo ARCI di Bagno a Ripoli con degli improbabili fan di Forza Italia e la nipote di Mubarak: ovvero del perché Berlusconi vince sempre.
Il mio compleanno tutti gli anni: una storia di geopolitica nordeuropea ricca di personaggi, da Venditti a Felice Orsini, da Ibrahimovic a Renzo Arbore.
C'è chi la politica la fa col cuore e chi con quell'altra parte del corpo. Ma chi siam noi per giudicare? Cronaca vera, rivelazioni scabrose e tutta la saggezza di Barontini.
Un mistero tutto italiano, o forse una dimenticanza, o una complessità burocratica. Comunque, una cosa che non si spiega. Strano che nessuno c'abbia mai fatto caso.
Una roba di architettura artistoide ed ecomostri mischiata con una roba di autostrade e lavatrici: la storia di Lanzavecchia e di quella volta che partì con Guastelli. Oh, ancora non son mica tornati!
Un complotto mai svelato, organizzato da quelli giù a Roma, che ci han portato via dieci anni da sotto il culo. Altro che dolce vita, boom economico, Vespa 50 Special e Mike Bongiorno!
Sfortunate omonimie per una breve dissertazione politica e di costume su questi tempi. Ah che tempi quei tempi, che tempi i bei tempi andati! Si stava meglio quando si stava peggio. Non scherzo mica, è proprio vero.
I mille significati dello stare, il rimanere fermi come unica, vera, direzione ostinata e contraria, soprattutto quando intorno a te tutto si muove. Tipo questo vento porco.
La Mara non si faceva mica problemi, anche se su Tripadvisor poi le recensioni dicevano che il servizio era sì rapidissimo ma la cottura da rivedere. Maledetti hater infami.
Un mistero apparentemente irrisolto, degno di Chi l'ha visto?, svelato con la nonchalance di un giocatore di poker consumato durante un concerto in un locale indie di Milano.
Questo piccolo grande Paese riassunto in un dialogo tanto surreale quanto reale alla fermata dell'autobus. Pessimismo e rassegnazione come se piovesse. Cani minuscoli e acconciature impegnative, a contorno.
Attenzione! Dialogo senza sfondo sulla comune difficoltà a comprendere il concetto di istante, la definizione di rottura e le cinquanta sfumature di rompimento.
Quando il barman è più ubriaco del cliente, è allora che si fa la Storia e si lascia davvero il segno. Come sono andate veramente le cose quella volta, dentro l'happy hour.
Una storia d'amore campionata col senno di poi, tramite la lista di quel che rimane. L'amarezza di quando arriva il momento di tirare le somme e sai già che il risultato non è quello che avresti voluto.
Un concerto che inizia la sera della fine del mondo e finisce sette anni dopo. Una traversata, cadenzata sul ritmo di un disco troppo presto dimenticato. Un'amicizia sospesa, tra i suoi trucchi e i suoi rituali. Un remix fatto con i ricordi, i ricordi di uno che non sa smettere.
Chiaramonti e Ariosto giù al bar a bestemmiare quell'anno che non finiva mai per colpa di un istante che sembrava messo lì apposta per far traboccare il vaso, tra flipper e gelati Sammontana.
Ecco un imperdibile sconto comitiva per autori stitici e sceneggiatori affetti dalla sindrome della pagina bianca: prendete e abusatene tutti. Metaforicamente s'intende.
Nunzio e il suo banchetto alla fiera di primavera: tutto il bello e il brutto di una carriera in solitaria, passata a svuotar le cantine, difendendo la sua dignità e fronteggiando i ricordi degli altri.
L'eterna quanto impari tra bambini e piccioni nelle piazze d'Italia: una soluzione a monte, forse drastica ma sicuramente non (troppo) violenta, a base di cinema come educazione primaria.
Canta che ti passa: ovvero l'unica strategia post-elettorale possibile, anche se drammaticamente inefficace. La balera sulle navi da crociera come unica rima verso i pieni poteri.
Di nuovo Cerini alla ribalta. Dalla cartella degli X-Files, ecco quella volta che prese possesso del bancone del bar per mettere in mostra la sua dote migliore: far scappare, frustrati, i clienti occasionali.
Te lo ricordi MSN Messenger, il nonno di Whatsapp? Pensa che una volta io ho chattato da solo, nel senso proprio con me stesso. Ma te lo sconsiglio, che poi si diventa ciechi.
Trasferirsi a Milano senza troppa convinzione: un dialogo (nemmeno troppo) immaginario con la propria vita nel momento in cui, come si dice, devi inziare sul serio a farci i conti.
Una lezione di vita (o quantomeno su come allungarsi la vita) da parte di Cerini giù al bar. Fiammiferi contro accendini, bestemmie senza morale e tutta l'inutilità di un'attesa.
Ve l'ho mai raccontato di quella che son rimasto tutta la notte sdraiato sulla spiaggia e ho rischiato di combinare un casino di proporzioni epiche? Speriamo che nessuno si sia accorto di nulla.
La piaga dell'edilizia abusiva lungo i litorali italiani: una roba che dovrebbe intervenire la Guardia Costiera, una maleducazione e un'inciviltà che nemmeno le bestie, quelle addestrate male.
Una storia che c'ha come morale quella cosa che gli aiuti da casa non fanno mai male, come ci insegna la nostra subcultura malata di quiz televisivi. A sua insaputa, s'intende.
Ci sei mai stato da MediaWorld? O da Euronics? Allora senti un po' la storia di Martinelli, lui che a parte quel problema lì che c'aveva con quei posti dei televisori, poi, per il resto, tutto a posto.
L'ennesima ammissione di inadeguatezza di fronte al bello nel suo senso più complesso. I Sigur Rós al Giardino di Boboli: un concerto difficile da raccontare anche se ne varrebbe la pena.
Hai presente quando non ce la fai? Cioè, quando non sai se ce la puoi fare o no, se ce la vuoi fare o no. Cosa è meglio fare e cosa no. Hai presente un concerto dei Radiohead? Ecco, ci siam capiti allora.
Come passare il tempo nelle stazione dove il tempo passa in un modo tutto suo. E un modo drastico di fermarlo, il tempo. Una roba da non fare a casa. E nemmeno altrove, fidatevi.
La storia di me e Bartolozzi, del bar di Cosimo e di tutte le cartoline che sbirciavamo scassinando la cassetta della posta. I ricordi degli altri come terapia rispettosamente invasiva.
Rapine di autofinanziamento fatte un po' per noia, un po' per protesta. Il lato oscuro di un famoso quartetto che sceglie di recitare il ruolo di Robin Hood della canzone italiana.
Un elogio scanzonato della violazione di domicilio ben prima del boom di Airbnb: istruzioni dettagliate, scritte con affetto e fondamentalmente per il suo bene, dedicate al quel turista che per caso capiterà a casa mia.
La storia di me e di quello che, se non proprio un animale domestico particolare, poteva definirsi un coinquilino atipico. Alla faccia della pet therapy.
Le parole sono importanti, questo si sa. Il loro significato invece, quello è del tutto soggettivo. Vi ho mai raccontato di quella volta che mi misi a scrivere un vocabolario?
Dialogo a più voci sovrapposte: pièce metateatrale a bordo strada per curiosi con sufficiente tempo da perdere. Ovviamente, la morale è scontata: non son tutte rose e fiori.
Quello che avanza di un Carnevale fallito in partenza. Una lettera di addio o forse di arrivederci. Una manciata di desideri inespressi, come coriandoli sospesi, per qualche stella filante caduta.
Brutto brutto brutto. Dico Cassandra's Dream di Woody Allen: una storia di fratelli che a raccontarla sembra più complicata di quel che è. In ogni caso finisce così.
La triste storia di Pino, teorico della filosofia ultrà, che all'atto pratico, nella comfort zone di un autogrill, fallisce miseramente la messa in atto del concetto di menare per primo.
Io le mattine che c'ho la ruzza poi faccio delle robe che raccontarle c'ho fin vergogna (se non sapete cos'è la ruzza continuate a leggere). E comunque ci fosse mai qualcuno che mi asseconda!
Ebbene sì, questo è un trucco infallibile per rimorchiare le ragazze nei locali. Qualunque sia il locale, qualunque sia la ragazza. Qualunque sia, soprattutto, il concetto di "rimorchio" che avete.
Romeo e Giulietta al tempo dei saldi. Ovvero quando l'amore è in vetrina, ma nemmeno la sorte cinica e bara ha deciso che non puoi permetterti nemmeno quello.
Le mie supposte incapacità giornalistiche in un'intervista immaginaria a Kurt Vonnegut: tante sigarette, altrettante domande, poche risposte, qualche alzata di spalle. Mentre così va la vita.
Il mondo, il fumo, il rimto e le candele. Scopri cosa hanno in comune, o almeno cosa avrebbero in comune se tutto andasse come dico io, se davvero avesse ragione quella canzone là.
L'educazione prima di tutto, anche prima della curiosità, dell'ammirazione sincera, dell'invidia più nera. Un bacio da Guinness dei primati e io lì a guardare.
Il protagonista inatteso del bestiario 2.0: una new entry inaspettata nella classifica degli aggeggi inutili di questo modo (quasi) sempre connesso.
Io e il mio complicato approccio al nuovo mighty mouse della Apple: difficoltà tecniche, turbamenti erotici e tutto l'imbarazzo, l'impaccio e la delusione della prima volta.
Abbiamo un sindaco ubriaco o certi ubriachi dovrebbero candidarsi a sindaco? Ordinanze comunali incoscienti che non tengono conto di casi particolari che in sede di appello metterebbero in seria crisi qualunque logica etilica.
Il dialogo surreale (ma reale) con un soldato del Signore. Ovvero l'evangelizzazione coatta ai tempi dell'ADSL: quando ti servirebbe un tecnico della Telecom e invece ti mandano quello dell'ENEL, più o meno.
I dEUS di Suds & Soda: rivederli tutti così, gli applausi che ti scappan dalle mani e uno dei pezzi rock più belli di sempre. Chissà cosa mangiavano, in Belgio, a quei tempi.
Faceva una specie di freddo, ma c'era quella vecchia canzone dei Pavement a scaldare un guscio ovattato in cui rinchiudersi: quella musica che va ma non arriva mai, così dimessa, come una piazza. E niente altro.
I Soulwax e il loro album di remix, quello con quel titolo lunghissimo che bisongna prendere fiato per dirlo tutto e che potrebbe creare non pochi problemi nella vita reale. Un caso di studio.
Il live report più corto della storia, giusto per sottolinare una delle più sadiche declinazioni moderne della più vecchia delle torture, vecchia quanto il mestiere più vecchio del mondo.
Musulmani ed ebrei confinati in un quartiere, alle prese con basse questioni mediorentiali quotidiane come fare la spesa senza scontentare nessuno e tenere la kippah dritta.
La storia intima di una specie di omaggio confuso a una delle canzoni della vita. La storia triste di quando il potere alla parola (ma per favore) fa solo rima con rumore.
Una collezione di CD e uno che non sapeva fare le recensioni, quelle perfide, sottilmente sarcarstiche e dolorosamente chirurgiche, perché alla fine ci trovava sempre qualcosa di buono.
Perdere e ritrovare la fiducia in se stessi a un concerto di una band d'oltremanica. Ovvero sentirsi fuori posto e non avere rimorsi, nemmeno col senno di poi.
La meravigliosa idea di un talento equilibrista naturale e di come prima lei e poi tutto il resto delle cose del mondo hanno contribuito a renderla irrealizzabile. Maledetta, sottile differenza tra teoria e pratica.
Una breve storia dal sapore carveriano. La verità amara nel cinismo travestito da saggezza di un tassita di notte: come un film dei Monthy Python, senza però le battute che fanno ridere. Nonsense e grottesco sgomento.
Dialoghi su Dio e sull'Uomo tra gli indigeni e noi, privati del sonno e affamati dagli stenti di un Ferragosto affollato lungo la costa tirrenica, rossa e traditrice.
La gente, non c'è verso di fargli capire le proprietà terapeutiche della malinconia. Che è convinta che la musica serva per tirarsi su e addirittura per ballare, la gente. Io non mi capacito proprio.
Svelati i retroscena della più grande tragedia della Prima Repubblica: la verità passa da San Remo a suon di canzonette sovversive e personaggi ben noti agli inquirenti, anche se a dir poco insospettabili.
Gli anni di piombo in quei cazzo di anni zero. Una verità apocrifa che non può esser più tenuta nascoste né a grandi né a piccini. Perché basta fascicoli secretati: il mondo deve sapere.
Quella volta che c'avevo qualcuno che mi seguiva come un'ombra. Una spia? Un assassino? Uno stalker? Un rappresentante della Bofrost? Porca miseria, che spavento che mi son preso!
Il giovedì all'oratorio. Tabaschi e il gioco del calendario: un rituale all'apparenza blasfemo, ma che in fondo sviluppava la creatività dei ragazzi, e allora amen.
La degenerazione d'un amore in tre tappe. Ecco cosa fece Bartolomeo, esasperato fino all'osso. Una storia violenta dove la moglie vedi te che fine fa.
Altro che Ponte Milvio o ponte sullo stretto di Messina. Ecco cosa dovremmo fare, ecco il ponte che davvero servirebbe. A imperitura memoria.
Piccoli imprenditori crescono. Come il nostro Arsenio, lui si che aveva capito cosa farci, con tutta quella fracca di lucchetti attaccata al Ponte Milvio come un vespaio. A proposito: collaboratori cercasi.
Il vecchio Girolamo e la sua nemesi, il cavalier Fabbroni. Ma soprattutto l'intuizione di Marchino riguardo alla vitale importanza di una lunga serie di piccole gioie da niente.
La cricca bislacca di quelli del Pianello. Cinzia, Patrizio, il professor Di Virgilio e tutta la coreografia necessaria per imbastire la rivoluzione dal basso. O qualcosa di simile, nel loro piccolo.
Miranda e la poca lungimiranza del suo oculista. Quando vederci male è l'unico modo per provare a sopravvivere e a non inciampare nel fantasma del filo degli eventi.
Da Cristoforo Colombo a Google Maps. Com'è andata che nessuno ha più il coraggio di chiedere la direzione anche quando ha palesemente perso la bussola?
Anche i blogger soffrono della sindrome da pagina bianca, anche se non è mica una pagina di carta. Per quello tutti sognano di finire in un paradiso dove avere sempre qualcosa da scrivere. Se non altro quello di cui hanno appena sognato.
Marta e il suo rapporto con il tempo. Amore e odio, ma sempre massimo rispetto per un concetto di ritardo a suo modo salvifico. Perché l'attesa, in fin dei conti, è tutto quello che ci resta.
Da un serissimo fumetto di Frank Miller un film che fa ridere per non piangere. Un circo splatter imbarazzante che nemmeno i freaks negli anni '30. Trecento, come i motivi per non vederlo.
Previsioni del tempo andato dall'alto di una panchina: ci sono giorni brutti, e anni da buttare. Secondo Gino erano quelli pari, per la precisione. E non aveva mica tutti i torti, a ben vedere.
Un fenomeno tristemente noto a tutti gli antropologi: la malattia del nuovo millennio, un'era in cui tutti hanno qualcosa da dire e — adesso — hanno pure lo strumento perfetto per dirlo. Non che sia necessariamente un bene.
Non c'è sveglia che tenga, calendario che ti salvi: in amore, non si è mai abbastanza in orario. Come conferma un recente studio effettuato su due classici esemplari da stazione.
Quel giorno che io e il mio Io si decise di partire e fare il giro del mondo a piedi e si dormì pure una notte fuori, in una pensioncina che ora tocca fargli una recensione da 10 e lode su Tripadvisor.
Una lettera a me stesso scritta in piena notte come se io fossi Beckett e me stesso non fosse un cazzo. Un monologo dell'assurdo frutto dell'insonnia che non porta da nessuna parte. O forse sì?
Il mare, un muretto e Irene. Rituali, abitudini e la donna della mia vita. Una storia sugli Etruschi, prevalentemente, ma non solo. Per scegliere da che parte stare.
Nella vita meglio non esagerare, anche con le cose belle. Perché la crisi di rigetto è sempre dietro l'angolo. Parola di pesce palla.
A Carnevale ogni scherzo vale, ma anche no. Discussioni etico filosofiche su una delle feste più sopravvalutate con un tizio molto più basso di me, ma vestito molto meglio.
Ma dove corre tutta questa gente che corre in questo mondo imbecille che ogni giorno ci tocca di correrci dentro? E soprattutto, poi ci arriva? Io c'ho forti dubbi al riguardo.
Una storia di salvataggi last minute: bagnini non avvezzi ai trasporti ferroviari, disabili testardi e accompagnatori poco affidabili a cui tocca sempre il lavoro sporco.
La triste storia sentimentale di Kierkegaard, se letta nemmeno troppo tra le righe, finisce per non rappresentare altro che l'espressione certificata del matrimono come filosofico abbrutimento della vita matrimoniale.
La storia tragica di una festa comandata e il ruolo cruciale che ha avuto, insieme all'aggravarsi delle crisi di coppia, nella spartizione dei diritti televisivi.
Una domanda complicata: come si fa a capire che si è innamorati o che si è ancora innamorati? Una riposta semplice semplice che non ti aspetti. Tipo il rasoio di Occam, ma meno affilata.
Le faccine spiegate a quelli che ancora vorrebbero usare i suoni onomatopeici. Se non addirittura a quelli che son nati ai tempi della Torre di Babele e ancora rimpiangono l'antica Mesopotamia.
Una sinusoide alternata di stati d'animo alternati a incastro. Un pericolosissimo loop che rischia di fare male alla salute. Emozionarsi a catena alla lunga stanca.
Dalla rubrica misteri sull'internet. Ovvero di quella volta che mi rapirono un post e me restituirono senza commenti. Quella volta che la blogsfera si commosse sul serio.
Una dettagliata operazione di debunking, opportunamente corredata di numeretti e statistiche certificate, su quella storia delle catene di Sant'Antonio sull'internet.
Ti telefono o no, mi telefoni o no. Mi ami, ma quanto mi ami? Due solitudini perfettamente simmetriche in una scena senza parole sull'arte del riagganciare con muta rassegnazione.
Gatta di nome e di fatto, la mia gatta. Strana come tutti i gatti, ma — come tutti i gatti — strana a modo suo. Così strana che uno non può che innamorarsene a prima vista.
Dichiararsi ma con cautela. Incertezza finché morte non ci separi. Senza impegno, come nelle televendite, quelle di Giorgio Mastrota.
Wim Wenders in provincia. Sogni annebbiati, potenziali angeli, ma soprattutto una piuma. La sottile differenza tra scappare e volare via.
Come dice il saggio, quello col culo per terra e il femore rotto: non è la caduta che mi preccupa, è l'impatto al suolo.
La versione del famoso romanzo di Hemingway per le scuole elementari. Pedagogia for dummies, nel vero senso della parola. Altro che Montessori!
La favola di Nico e Cristina. Un talento tutto particolare minacciato da seri problemi etici, amore a fiocchi e l'importanza di avere sempre una sciarpa a portata di mano.
Le catene non quelle sadomaso. Le catene quelle tipo un virus che quando te lo passano devi fare qualcosa altrimenti ti cascano le braccia e poi muori. Alla faccia di Sant'Antonio.
Un disagio che ho riscontrato tra le dita delle mie mani, che porta a degli inconvenienti a volte un po' imbarazzanti. Eppure pare sia un mal comune, non saprei dire quanto gaudio.
Biglie di vetro e gomme da masticare. Ricordi di quando io il mondo non lo conoscevo manco di striscio eppure già me lo stavano portando via da sotto il culo.
Una storia di scarpe col tacco e improvvise, inspiegabili stravaganze mattutine. D'altra parte, il diavolo sta proprio lì, dicono.
C'hanno preso tutto, anche il Televideo. Una volta isola felice di austerità tedesca fluorescente, ora anch'esso specchietto per allodole gossippare, in mancanza d'altro.
Un lettera aperta a Isacco Newton per raccontargli che la dinamica non si esaurisce in una qualche interazione di forze. Tipo la deriva esponenziale dei commenti a un post.
Niccolò Ammaniti e qualche chilo di carta: riflessioni su letteratura e cultura in Italia tra una gara con i carrelli e l'altra, al supermercato.
Nozioni base di acustica anche per voi che non ve ne potrebbe fregare di meno. Perché sapere come tirar fuori le gambe da tutto il mucchio di armoniche che ci circonda può sempre far comodo, nella vita.
Ho scritto un romanzo. O forse no. Magari è solo un'idea. Ma è un'idea rivoluzionaria che nella storia della letteratura non so mica se ci era già venuta a qualcuno. Può essere che sì, ma non credo.
Il mio Io che si ribella e per una notte scappa di casa. Il mondo visto da lontano e non è che sia poi tutto questo gran bel vedere. Però crea dipendenza.
Va bene che l'amore è bello se non è litigarello, ma oltre un certo punto bisogna che intervenga qualcuno che ha il coraggio di chiamare le cose con il loro nome.
Uno sfogo critico su certa critica radical chic appannaggio di certi critici radical chic, fatto da uno che un critico non è ma può sempre criticare. Siamo ancora in una democrazia, no?
Nichilismo tra marche da bollo e sigarette. Pessimismo realista tra schedine e gomme da masticare. Si stava meglio quando si stava peggio? Non necessariamente: ecco quando si stava meglio sul serio.
Intercettazioni sull'autobus che danno un'idea del paese reale. Anziani facilmente suggestionabili dal fraintendimento facile, ai margini della legge Bossi-Fini.
Una voce metallica e un professionista della fibra ottica che lavora come se vivesse in una canzone dei Sex Pistols: grezzo, di poche parole e rapidissimo.
Una lettera d'amore dalla parte del ragno. Con in testa un vecchio motivetto dei Cure, negli occhi il relativo video e tra le mani una sensazione appiccicosa che non si lava via, mai.
Una storia di indicazioni sbagliate nella foresta della profonda provincia, dove la fibra arriva a fatica ma gli operatori del servizio clienti se non altro si rendono conto.
Una favola remixata alla luce delle moderne teorie turbo-capitaliste, avendo cura di buttare nel cesso il politically correct.
Una lettera al me stesso presente. Istruzioni per l'uso. Nel senso di istruzioni per usarmi a modo. Istruzioni per non farmi usare.
Improbabili statistiche per scacciare i Testimoni di Geova o aspiranti tali. Quando la legge dei grandi numeri rischia di ritorcersi contro.
Una recensione da poltrona della parrucchiera su quel film di Steven Shainberg che dovrebbe essere un ritratto immaginario di Diane Arbus e invece si perde in una intricatissima foresta di pelo.
Chiamiamolo un sogno quasi erotico di mezzo autunno. Una storia d'amore tra due giovani pesantemente ostacolata dal bipolarismo estremizzato dei luoghi comuni.
Ormai dovreste averlo capito, chi governa il mondo. In caso contrario ecco che ricompare, come dal nulla, Jarvis Cocker a spiegarvelo. Con parole, diciamo, colorite.
Dreamt for the Light Years in the Belly of a Mountain può tenervi compagnia qualunque sia il vostro stato d'animo. Salvarvi la vita, forse. Almeno a voi.
Una mia vecchia teoria confermata da un intervista a uno che ne sa, di donne, parole, palchi e come vanno le cose nel cosiddetto music business.
Una storia di musica nera a profonda provincia, dove la fibra arriva a fatica ma i tecnici che dovrebbero installartela sono appassionati di musica, quella buona.
Tornano i Built to Spill con il nuovo You in Reverse. Soprattutto torna Dough Martsch, con quella sua faccia un po' così, quell'espressione un po' così.
Una storia vietata ai minori, fatta di incomprensioni, a tema magazine musicali proibiti, per una lotta continua contro gli edicolanti conservatori.
Una storia breve di plettri, ritagli di giornale e indie-rock. Per concludere di nuovo che l'ottimismo è un lusso che non ci possiamo permettere.
Una recensione fatta col naso. Quella che avrebbe dovuto essere la storia di un assassino in un'atmosfera tutta essenze e aromi non si rivela all'altezza del libro che l'ha ispirata.
Uno dice internet, il progresso, i modi moderni di arricchirsi seduti davanti al computer di casa, senza andare a lavorare. E invece la preistoria è sempre dietro l'angolo e si aggiorna in maniera a dir poco subdola.
Una recensione breve e così criptica che chiamarla recensione pare un complimento immeritato. Ma non è che La stella che non c'è di Gianni Amelio meriti molto di più, ecco.
Poi è andata che fare i soldi su internet è diventata la norma. All'inizio del millennio, invece, era tutto un Far West dove solo quelli con le idee più bislacche diventavano ricchi sul serio.
C'era una volta il cinema. Poi cosa è successo? Dove stiamo andando a finire? Va bene il progresso, ma sono solo io a sentire tutta questa puzza di bruciato?
Il mash-up portato all'estremo, per remixare audio e video contemporaneamente. Infrangere il copyright non è mai stato così facile. Parola di Sven König.
I gruppi di apertura, gli opening act ai concerti. A volte piacevoli scoperte, a volta tappabuchi di un'attesa impaziente, a volte semplici ospiti indesiderati.
Riflessioni a caldo a seguito di un sorprendente concerto dei Gotan Project. Una specie di breve stream of consciousness emozionale, più che un vero e proprio live report.
L'arte del collage messa in musica: mash-up, taglia e cuci, copia e incolla. Greg Gillis ci serve la prima opera originale fatta interamente di roba rubata ad altri.
Indie-rock brasileiro ne abbiamo? Certo che sì, ed è una roba così pacchiana, assurda e fuori luogo da risultare quasi sexy. Almeno a detta loro.
Una storia di calcio, ma solo marginalmente. Una storia di stanchezza, piuttosto. Di quando la distanza è troppa per colmarla di gioia e allora ti arrangi con quel che passa al convento.
Tutto comincia da qui. Perché proprio da qui? Perché questo momento semplicemente è. Come esattamente tutti i momenti, del resto. Così eccoci qua, incastonati nell'ambra di questo momento, dove non c'è nessun perché.