Come restituire un favore

Come restituire un favore

La storia intima di una specie di omaggio confuso a una delle canzoni della vita. La storia triste di quando il potere alla parola (ma per favore) fa solo rima con rumore.

4 Ottobre 2007

In un mondo migliore, avrei acceso la radio e l'avrei ascoltata lì per la prima volta. Solo, in un mondo migliore. In questo, di mondi, accendere la radio, capita solo di sentire delle gran puttanate, che, (mi scuserai, caro utente raffinato) mi vien detto così, non mi esce altro termine. Sconterò la mia maleducazione, che "puttanate" non andrebbe detta, come parola, scriverla, poi, figurarsi. "Puttanate" non andrebbe scritta mica. E allora sconterò la mia maleducazione.

Comunque, cerchiamo di non divagare, per favore. Cerchiamo di mantenere un qualche filo logico, per cortesia. Che, divagare, sono capaci tutti. Tenere un filo logico, invece, ci vuole disciplina, caro utente mein führer. Cerchiamo di essere disciplinati, per favore, che così restiamo pure in tema.

In un mondo migliore

Dunque, dicevo, in un mondo migliore la storia si sarebbe svolta in questo modo: avrei acceso la radio, una stazione qualunque su una frequenza qualunque, avrei sentito questa canzone dei Disciplinatha con questo ritornello che mi si sarebbe ficcato in testa a tempo indeterminato (non come quei ritornelli precari che vanno avanti a forza di contratti di due settimane e a strimpellate stagionali, no — di quelli invece che poi quando sei vecchio ti svegli la mattina che la vescica non fa più il suo lavoro e come per magia ti trovi a canticchiarli, quei ritornelli lì che dico io) e alla fine, un DJ, un tipo peraltro con una vocina, come dire, per niente impostata, quasi normale (cazzo, che mondo da sballo! — che anche “cazzo” andrebbe mica detta come parola, figurarsi scritta, e allora mi toccherà di scontare la mia maleducazione, in qualche modo) avrebbe annunciato che, la canzone, si intitolava Esilio e subito dopo avrebbe mandato un po' di pubblicità (che la mancanza di certe cose tipo l'anima del commercio non oso neppure immaginarla, caro utente Leibniz, nemmeno nel migliore dei mondi possibili, che un po' di verosimiglianza va garantita, anche quando si parla del mondo dei sogni).

Comunque, è così che si sarebbe svolta la storia, in un mondo come dico io.

In questo mondo qua

Dovendosi viceversa accontentare di questo, di mondi dico, bisogna dire che, accendere, per via di quella storia delle puttanate (pardon), la radio non l'accendo mai e allora, in effetti, non c'è possibilità di ascoltarla su una stazione qualunque su una frequenza qualunque, Esilio.

Quindi, bisognerà tirar fuori quella quindicina di milalire (che già dieci anni fa, era un mondo un po' migliore, che i dischi costavano anche quindicimila lire e allora potevi entrare nel negozio col cuore gonfio di aspettative e uscirne con il CD in mano senza rimorsi, mica come al giorno d'oggi che per comprare un album ci vuol la paga di tre giorni e pure quel lurido clerk del commesso ti guarda nemmeno fossi raro come il panda gigante, compassionevole, mentre sulla sua faccia campeggia una scritta enorme «ma perché non lo scarichi?») andare, comprare il disco, che per me non c'è altro modo di entrare in contatto con questa canzone di cui vorrei senz'altro parlare, per cortesia.

Primigenia

In effetti, dire il vero, è così che è andata la faccenda: prese le quindicimila lire, pagato, portato a casa il disco dei Disciplinatha (Primigenia, si chiama), ascoltato subito, Primigenia, pensato: «Porcaputtana! Che perfezione!».

Ma Primigenia, non è di Primigenia tutto il disco che devo parlare. Su, bisogna mantenere un filo logico, avere un po' di disciplina, per favore, già che siamo in tema.

Dice ma se ti piace tutto il disco Primigenia parla pure di Primigenia nel senso tutto il disco, senza scendere nei particolari, guarda che non c'è mica nessuna che ti impedisce di parlare di Primigenia come album intero, entità totalizzante della migliore espressione artistica di un gruppo seminale e mai abbastanza apprezzato come i Disciplinatha, non c'è mica qualcuno che ti paga, parlare di Esilio e basta invece che di Primigenia il disco intero.

Eh, grazie, sempre utili certe puntualizzazioni.

Esilio

Ognimodo, ho deciso di parlare di Esilio, e se l'ho deciso, un motivo c'è. Forse ancora non è uscito fuori, il motivo, ma un motivo c'è, per cortesia.

Che, guardar bene, ci sono canzoni — belle per carità! — solo non le più belle in assoluto o che comunque non spiccano come potrebbero in un album come Primigenia che è un capolavoro tutto, che magari preferisci parlare di quelle, che per te senti ci sono più cose da dire. Ci sono più affinità, certe volte, tra queste canzoni, che non sono le più belle in assoluto, e te che evidentemente anche te non sei la persona più bella in assoluto, che magari non sei neppure la persona più intelligente in assoluto, che te poi, di certo, non devi essere neanche la più felice in assoluto, di persona. E insomma, ci sono canzoni che anche se non sono perfette (o forse anche sì, ma non è lì il punto e se vado fuori tema ancora giuro che mi mordo un orecchio), dover sceglierne una di cui parlare, ti sembra giusto parlare di una di loro. Che, parlare di una di loro ti sembra magari un po' una cosa dovuta, in un certo senso, che anche loro, hai come l'impressione che parlino di te. Come restituire un favore.

Come Esilio.

Non c'è niente di meglio dell'autocommiserazione, non c'è niente di più gratificante che illudersi che una canzone sia stata scritta proprio per descrivere te. Niente.

Riconoscenza

Quindi, se ho deciso di parlare di Esilio, un motivo c'è e, dire il vero, ha a che fare con la riconoscenza, il motivo, anche se ancora (sentir te, caro utente impaziente) non è uscito fuori.

Che ci sono canzoni che contengono parole, ma non contano poi molto, quelle parole, che potrebbero anche essere diverse, quelle parole, che sarebbero bellissime lo stesso, quelle canzoni. E poi invece ci sono canzoni che ti capita di pensare che esistono soprattutto grazie alle parole, che la musica, anche se fosse diversa, cambierebbe poco, dire il vero. Come Esilio dei Disciplinatha, per esempio: album, Primigenia.

Che, pensarci bene, secondo me, non c'è niente di meglio dell'autocommiserazione, non c'è niente di più gratificante che illudersi che una canzone sia stata scritta proprio per descrivere te, che non sei la persona più intelligente e bella in assoluto, figurarsi la più felice in assoluto, per favore.

Sconterò la mia maleducazione, ma cosa cazzo può esserci di meglio che pensare che solo tu sei capace di capirla, una canzone, che solo te le hai provate quelle sofferenze o quelle emozioni o quei rumori lì che la canzone racconta? Alla fine, cosa cazzo c'è di meglio che sentirsi fuori, fuori moda, fuori di sé sotto scacco degli attacchi di panico, a cercar riparo da tutto quel frastuono, unici ad apprezzare un po' di silenzio?

E ridere per non piangere, che magari funziona. E allora ridere ridere ridere ridere ancora. Anche se non è così divertente.

No. C'è mica niente di meglio che poter confermare che no, non è così divertente. A tutti gli altri che stanno a guardare fuori, a guardare te e una canzone da dentro la palla di vetro in cui si sono rinchiusi. Tutti gli altri a guardare fuori senza capire. Tutti gli altri a cercare di ascoltare fuori, al massimo. Che capire, ma per favore. Poveracci.

Al massimo: ascoltare.

Hear, how slow is time, among lies.

Leggi anche
Stroncature
Piccola Gaza