Catene intrecciate

Catene intrecciate

Le catene non quelle sadomaso. Le catene quelle tipo un virus che quando te lo passano devi fare qualcosa altrimenti ti cascano le braccia e poi muori. Alla faccia di Sant'Antonio.

10 Gennaio 2007

Ci son cose, caro utente anonimo, che tu pensi di sapere di me e che invece non sai mica. Giuro. Non che te ne debba fregare necessariamente qualcosa, ma è un periodo che mi è capitato di scoprire un sacco di cose (in genere cinque) cose che non sapevo degli altri anche se non me ne fregava una cippa e allora temo che ora tocchi a te, caro utente sfortunato. Tu chiamalo nonnismo sull'internet, se ti consola.

La prima

La prima cosa che non sai di me, appunto, caro mio, è che a me ci son delle volte che mi viene un'impulso irrefrenabile di prendere la gente ed elencargli cinque cose che non sa di me. Anche se non me le ha chieste, la gente.

Che io proprio la fermo in giro, la gente, o la adesco online e parto subito, senza nemmeno salutare prima, con l'elenco delle cose che non sa di me. Cinque per la precisione: per evitare che magari poi la gente si fa strane idee di cose che sa di me e invece non le sa mica. A volte mi ascoltano, a volte mi picchiano con un grosso randello. Ma tant'è: ognuno c'ha le sue perversioni.

La seconda

La seconda cosa che non sai di me invece è che che io le catene. Madonna mia, io e le catene! E qui mi fermo, lasciando la censura a confondere quelle cinque cinquanta sfumature di fraintendimento bondage che già ho visto formarsi all'orizzonte.

Che io mica lo sapevo poi che anche nei blog poi ti arrivano le catene. E saranno mica per caso quelle catene che poi se non t'incateni ti cascano le braccia e poi finisce che dopo muori? Io chissà: non ci capisco di queste cose.

La terza

La terza cosa che non sai di me, caro utente curioso come pochi, è che io ci son dei momenti che non c'è verso di restistere: devo prendere il libro più vicino a me, qualunque esso sia. Io perché davvero non lo so, e dice non lo sa nemmeno il mio analista, che poi è sempre quello di Woody Allen, che mica l'ho cambiato: uno all'analista ci si affeziona, un po' come al gatto.

Dice deve essere una specie di tic, il mio analista. Sì, insomma, una specie di riflesso incondizionato dice deve essere, questa cosa che all'improvviso mi giro e prendo il libro a me più vicino. Poi, rigorosamente, lo sfoglio fino alla pagina 123, conto (senza leggerle) le prime cinque frasi della pagina e mi imparo a memoria le tre frasi successive. È proprio un algoritmo fatto di passi precisi e imprescindibili: mi prende così, che non me lo aspetto, e c'è poco da fare.

E allora oggi, che era uno di quei giorni che mi capitano quelle cose lì, ho preso il libro a me più vicino, La pecora nera di Ascanio Celestini e sono andato a pagina 123.

La pecora nera di ascanio celestini ce ne ha 95, di pagine.

Come un giocatore di poker navigato, non ho fatto una piega, che io non son mica uno che si fa scoraggiare da siffatte bazzecole, e ho preso il libro che, in termini di vicinanza al sottoscritto, si piazzava secondo in classifica: Le balene restino sedute di Alessandro Bergonzoni. Vado a pagina 123, conto le prime cinque frasi.

Le balene restino sedute di Alessandro Bergonzoni, a pagina 123, sarà che è la prima pagina di un capitolo e il titolo del capitolo è scritto a caratteri cubitali, ma non ci son mica cinque frasi da contare, nelle balene restino sedute di Alessandro Bergonzoni a pagina 123.

E allora son sceso sul terzo gradino del podio, dei libri che stanno vicino a me, che tanto io son circondato, di libri, e finalmente trovo C'era una volta l'amore ma ho dovuto ammazzarlo di Efradim Medina Reyes. Ecco, a pagina 123 (alla sesta, settima e ottava riga per la precisione) di C'era una volta l'amore ma ho dovuto ammazzarlo di Efradim Medina Reyes ho trovato scritto:

Un uomo non deve mai uccidere il reale, ma l'astratto. Deve uccidere i brutti sogni e un amore assassino che lo fa stare da schifo. Ammazzare un uomo perché la tua donna se ne è andata con lui fa di te un cazzone.

Che deve essere una storia di corna, così a occhio. Ma son pure parole sante, a ben vedere. Che alla fine a fare queste cose inconsulte, scopri che è pure istruttivo: va' che roba, mi vien da pensare.

La quarta

Poi c'è la quarta cosa che non sai di me, ed è che io sono un fenomeno a dirti un sacco di cose che non sai di me ma poi dopo a te ti sembra che ne sai ancora meno di prima, di cose di me. Di prima che te le ho dette, intendo. Magari ancora non te ne sei reso conto, caro utente ritardato, ma vedrai.

La quinta

L'ultima (e quinta, lo sottolineo) cosa che non sai di me invece, caro utente che di me non sai niente, è che io, le poche volte che rispondo a queste catene che se non rispondi poi ti cascano le braccia e poi dopo muori, le prendo tutte e le mischio in un unico polpettone che poi quasi sembra che non ho mica risposto, e allora mi sento più tranquillo, per via di questa cosa qui che sembra che non ho risposto.

Che io, ad arrampicarmi sugli specchi, ce ne son pochi, bravi come me, ad arrampicarsi sugli specchi.

Ma questa, invece, è una cosa di me che sai già benissimo, caro utente che la sai lunga.

Note a margine
Le catene di Sant'Antonio son sempre esistite. Probabilmente da prima di Sant'Antonio stesse, che da buon martire ha fatto buon viso al cattivo gioco di doversi sentire poi associato a una pratica così disagiata nei secoli dei secoli. All'inizio per tradizione orale, poi sui diari delle scuole, quindi su internet, ora pure su Whatsapp. Al tempo dei blog c'è stato un periodo in cui ne giravano veramente troppe. Qui si citano due in particolare. Quella secondo cui eri obbligato a fare una lista di cinque cose che gli altri non sapevano di te e quella che ti ordinava di prendere il libro più vicino a te in quel momento e scrivere una frase che c'era a pagina 123. In entrambi i casi, se ti fossi per caso rifiutato, ti sarebbero cascate le braccia e poi saresti morto.
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