Una storia di salvataggi last minute: bagnini non avvezzi ai trasporti ferroviari, disabili testardi e accompagnatori poco affidabili a cui tocca sempre il lavoro sporco.
21 Febbraio 2007
S'era lì, alla stazione di Bolgheri in provincia di Livorno. Che alla stazione di Bolgheri ci passerà sì e no un treno ogni due giorni, ma non si sa mai. S'era io e il bagnino del Bagno Vincenzo di San Vincenzo: lui che procedeva cauto toccando gli ostacoli con il bastone, io che gli camminavo accanto.
È cieco, il bagnino del Bagno Vincenzo di San Vincenzo: sceglie la direzione in cui buttarsi in mare in base alle urla della persona da salvare. Che è cieco lui, ma c'ha l'udito più sviluppato. Funziona così, coi ciechi.
Che si camminava pure male, in mezzo a tutti quei sassi, a scavalcare quei pezzi di legno, a inciampare su quei cosi lunghi di ferro. Ma ogni tanto gli piace, al bagnino cieco del Bagno Vincenzo, di fare queste cose trasgressive e allora io ce lo accompagno volentieri: che si sa, a una certa età, meglio non mandarli in giro da soli. Vai a sapere quello che combinano, in giro da soli, a una certa età.
L'udito più sviluppato, si diceva. Per esempio, quando la persona da salvare non urla più, allora vuol dire che è affogata: matematico, e a quel punto il bagnino del Bagno Vincenzo di San Vincenzo gira il culo e se ne torna a riva. Che tanto ormai, dice lui.
Insomma a un certo punto mi fa:
M'è toccato a me, che c'ero solo io lì, di rispondergli:
Gino, se non ci si sposta dai binari, nella schiena, si prende. Il treno per Follonica.