Nazionalpopolare

Nazionalpopolare

Questo piccolo grande Paese riassunto in un dialogo tanto surreale quanto reale alla fermata dell'autobus. Pessimismo e rassegnazione come se piovesse. Cani minuscoli e acconciature impegnative, a contorno.

23 Marzo 2009

La sciura alla fermata avrà l'età di mia nonna. Sapessi l'età di mia nonna potrei essere più preciso, ma essendo — per definizione — le nonne degli animaletti con un'età indefinibile, diciamo che mia nonna ha più o meno l'età della signora alla fermata di cui sopra e bòn. Poi per il resto basta. Le somiglianze con mia nonna, dico.

La sciura alla fermata infatti c'ha infatti i capelli biondo-Versace gonfi di parrucchiera fresca. Versace Donatella dico, che quell'altro, pace all'anima sua, nemmeno ce li aveva i capelli, e poi, come si dice, sta anche male parlar di chi non c'è — figurarsi di chi non c'è… più.

Comunque dicevo, il biondo-Versace è un colore che andrebbe vietato per legge e quelli che se lo mettono in testa decapitati seduta stante nella pubblica piazza davanti al busto di Lenin, così bello sotto il sole di fine inverno nei riflessi del suo cranio pelato e lucido — oppure, senza esser così drastici, basta anche qualcosa di più socialmente utile, come sul pianeta Kkù (quello che se guardi bene lo vedi, laggiù in fondo, ma solo se è sereno) dove i biondi-Versace li usano come spaventapasseri. E non dimentichiamoci che i passeri di Kkù son famosi perché son grossi come un Boeing 737 (il Boeing 737 è un uccello che vive anche qua da noi).

Comunque. Non vorrei star qui a divagare con discorsi da shampista (che è un modo di dire, eh — son sicuro che ci son in giro delle shampiste che… wow!).

Anna Oxa

Dicevo della sciura alla fermata. Che oltre i capelli quelli lì c'aveva anche un cappotto di cammello rosso (cioè nel senso che sembrava di cammello, però era rosso). Ora io non lo so, ma non ci voglio credere che quella sciura lì era immischiata nella tratta dei cammelli rossi di Vlad Centauri (Vlad Centauri è una gigante rossa, ovvero la stella più comunista della galassia di Pavlov, dove son rossi non solo i magistrati, ma anche i cammelli). Insomma, c'aveva un cappotto di cammello rosso e in braccio un chihuahua vestito come Anna Oxa nell'84.

Per chi non lo sapesse, i chihuahua sono ipotesi di cane rimasti a metà nella mente del loro creatore — che non è stato Nostro Signore Iddìo ma immagino uno scienziato non solo pazzo ma anche nano e con un imbarazzante complesso di inferiorità nonché una balbuzie in stato avanzatissimo — e che quindi, forse per compensare questa sadica mancanza che Madre Natura ha appioppato loro, amano andare in giro abbigliati in maniera a dir poco bislacca, tanto poi la gente dà la colpa ai padroni, come sempre succede ormai dai tempi della rivoluzione borghese del diciottesimo secolo, direbbe Max Weber — dar la colpa ai padroni, dico

Massimi sistemi

La sciura alla fermata disserta dei massimi sistemi con l'amica. Anche perché dissertar con un chihuahua non c'è gusto, e poi par pure brutto, farsi vedere a conversare con un nano vestito come Anna Oxa.

L'amica della sciura è un clone ma meno Versace e senza chihuahua. I massimi sistemi sarebbero: San Remo, Maria de Filippi, la sciarpa del cane, Berlusconi che com'è bello quell'uomo lì non li dimostra mica gli anni che ha e questo autobus che non arriva e ti pareva ci fosse mai una volta che puoi pensare di fare un programma secondo me farebbero meglio a non scriverceli nemmeno gli orari alla fermata (l'ultimo massimo sistema dissertato così, senza virgole).

In ogni caso, salta da un argomento all'altro senza un criterio apparente ma con la scioltezza che deve avere appreso per osmosi dopo anni e anni di sabato mattina sotto il casco per la messa in piega, la sciura. Solo che alla fine, a forza di saltare, inciampa in un discorso che me mi rimane impresso. Inciampa, ma sempre con piglio deciso e personale, nell'atavico dubbio riguardo all'esistenza di un'argomentazione trascendentale sull'esistenza di una o più entità trascendenti l'uomo (evidentemente la parrucchiera, durante la tinta, deve averla provocata citandole Pascal: «Il passo estremo della ragione porta a riconoscere che ci sono innumerevoli cose che la sorpassano. Essa è ancora debole se non giunge a conoscere questo: che se le cose naturali la sorpassano, che diremo delle soprannaturali?» — così, con nonchalance, mentre prendeva i bigodini in mano) ma se ne esce dal garbuglio, la sciura, in modo assai brillante, con un ossimoro in due battute degno di uno pseudo-materialismo kantiano che nemmeno Sant'Agostino quella volta (nel 385 dopo Cristo se non ricordo male, comunque appena posso controllo sui vecchi numeri di Cronaca Vera) che prese una ciucca memorabile al Frizzi & Lazzi, baretto sui Navigli di dubbia fama ma antica storia.

Dice, a un certo punto la sciura alla fermata:

  • Che poi io in Dio non ci credo, mica.

Pausa.

  • Ma in Padre Pio, sì.

Questo posto, questa gente

Ecco. Io allora ho pensato non è San Remo, non è Berlusconi, non è Vespa, né Maria de Filippi, né La Fattoria, né Centovetrine, non le storie di Erba, Garlasco o il G8 a Genova, lo specchio di questo nostro Paese piccolo e presuntuoso.

È una frase come quella, che da sola rappresenta in maniera cristallina quest'Italia da maggioranza silenziosa che nonostante tutto riesce lo stesso a trovare interessante l'immagine di sé. Questo posto contradditorio che non sa decidere se non per esclusione, che piange lacrime su richiesta per innaffiare il suo orticello mentre spia le perversioni del vicino e che anche quando si finge libero non ne apprezza il senso, ma liquida il dramma trascinandosi dietro i giorni l'uno dopo l'altro. Questa gente, che riesce a stare in fila solo se c'è da curiosare, che che maledice il destino e non le proprie paure, che sa affondare ballando e quello è l'unico modo che ha trovato per riderci un po' su.

Questo stivale democristiano, fatto di fedeli che pregano Dio ma preferiscono Giuda. E lo travestono da santo mettendogli una barba posticcia da trenta denari. Comprata all'outlet, s'intende.

O invece no

Ma il problema alla fine, non è mica quello. Il problema è che c'ho pensato così intensamente a questa cosa qua del nostro Paese che alla fine l'ho perso. L'autobus, dico. È arrivato, la sciura è salita, l'amica è salita. Anche il chihuahua è salito (sempre in braccio, ovvio: che da solo quello mica ce la faceva ad andar su per gli scalini, senza ascensore — vestito a quel modo poi).

Io invece no. Io invece son rimasto pensieroso come uno scemo (che in questo paese uno che sta lì a pensare finisce che passa pure da scemo — e se poi lo scemo perde l'autobus, dirla tutta, non ha nemmeno tutti i torti, questo Paese) a vederlo ripartire. Poi ho respirato a pieni polmoni tutti i gas di scarico (che il nostro corpo innanzitutto va educato a modo) e mi son detto che vabbè. Per oggi non ci vado a lavorare.

Anzi. Torno a casa e mi metto a guardare Il Grande Fratello. Che almeno Cristina mi dà due buone ragioni per crederci.

Nell'esistenza di Dio, dico.

O almeno di Padre Pio.

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