San Valentino

San Valentino

La storia tragica di una festa comandata e il ruolo cruciale che ha avuto, insieme all'aggravarsi delle crisi di coppia, nella spartizione dei diritti televisivi.

14 Febbraio 2007

San Valentino è un santo incolpevole tirato incoscientemente in ballo tutti gli anni per questioni che riguardano cioccolatini e perizoma, mazzi di fiori e cene di pesce prenotate — con inguaribile ottimismo — il San Valentino prima.

Sì, perché San Valentino — la festa, dico — si pensava l'avesse inventata uno della Nestlè per vendere più Baci Perugina, ma le ultime ricerche degli scienziati della comunicazione — che altro non sarebbero poi che il neolaureati in scienze della comunicazione — portano invece sulle tracce della commessa dell'Outlet di Intimissimi di Budrio, tale Mirella de Pretis, suicida il 15 di Febbraio del 2004 con un cocktail letale di champagne e benzina verde. «Ormai i soldi le avevano dato alla testa, ma almeno è stata una morte di lusso, la sua: si è uccisa con le due cose che costano di più sul mercato in questo momento storico», dirà la madre in un moto di orgoglio durante la diretta di Porta a Porta qualche giorno dopo.

Un martirio

San Valentino è un santo che ci si ricorda solo il 14 di febbraio che è l'unico giorno dell'anno che due innamorati si devono volere bene e si ride insieme e ci si regalano i Baci Perugina avvolti nei perizoma di Intimissimi.

San Valentino lo decapitarono, senza che mai avesse visto un cioccolatino o un paio di mutande col pizzo, poveretto. Che questo non se lo ricorda mai nessuno, altrimenti riderebbero meno, mi sa.

San Valentino è una vittima del capitalismo, e ora sta in una comunità di recupero vetero-sovietica nella campagna di Minsk, insieme a Babbo Natale e a due zucche di Helloween. Lo so perché l'altra sera ho visto un reportage di Carlo Lucarelli sul tema, corredato da dei filmati inediti presi da una camera di sicurezza della struttura. La qualità dell'immagine è pessima, molto russa, ma si distinguono comunque bene le sedie in cerchio, e lui che si alza e va al centro: «Salve, io mi chiamo Valentino e son qui per disintossicarmi dalla brutale schiavitù della moderna società borghese, io che credevo che l'intima connessione tra la fame che tortura gli strati operai più laboriosi e lo sperpero smodato dei ricchi, basato sull'accumulazione del capitale, grossolano o raffinato che sia, apparisse in piena luce soltanto attraverso la consapevolezza delle leggi dell'economia domestica tra due fidanzati, e poi invece sono stato violentato da un pasticcere in tanga leopardato, che alla fine mi ha tagliato la testa così bene che mi son cascate le braccia e son morto.» — Si risiede, se alza Paolo Bonolis per parlare della sua esperienza con il caffè Lavazza. Ma qui il filmato si interrompe bruscamente.

Educazione filosofico-sentimentale

Che poi, caro utente sorpreso, te potresti pensare che è il colmo che proprio lui, San Valentino, lui che, in quanto santo per natura, non aveva mai visto una donna, sia diventato il volto (diciamo l'icona, dai) vincente della campagna pubblicitaria per la festa degli innamorati. «E invece no!», ti direbbe Max Weber, caro utente che di sociologia non ci capisci niente.

E invece no: proprio lui che aveva altre cose per la testa (anzi, da un certo punto in poi possiamo ben dire che aveva la testa da un'altra parte) invece delle femmine, proprio lui che la fidanzata nemmeno a parlarne, proprio lui che in presenza di una ragazza si innervosiva, si agitava e aveva la tendenza a fare la bava, proprio lui era la vittima predestinata di questo losco traffico di immagini sacre su tela elasticizzata 70% lycra / 30% cotone, ti assicurerebbe Max Weber.

Max Weber è uno, tedesco, che non è diventato tanto famoso perché a suo tempo non volle scendere a compromessi con il presidente della Fininvest — Hitler o qualcosa del genere, mi pare si chiamasse — però vi giuro che è uno dei padri della filosofia moderna: un po' come Sartre, anche se non è Sartre. Non confondetelo con Sartre, mi raccomando, che Sartre pensava a tutt'altro.

Max Weber sostiene infatti che la determinazione della causalità sociologica comporta la necessità di operare all'interno di un quadro probabilistico e che questo tipo di generalizzazione cerca di stabilire, per esempio, che il sorgere del capitalismo presupponeva l'esistenza di un certo tipo di personalità: un soggetto docile e condizionabile da motivi estremamente influenti, di timore e di speranza nei confronti di una persona di carisma che potremmo chiamare "capo" o meglio libero demiurgo, dice Max Weber.

Il profilo psicologico di cui si parla è chiaramente quello del nostro buon santo, e il cerchio si chiude e si considera come, a partire dalla rivoluzione borghese del diciassettesimo secolo di cui parla Max Weber, il ruolo di libero demiurgo, leader domestico e plasmatore di mariti e santi venga prepotentemente preso dalla donna, essere mitologico meraviglioso e affascinante del quale l'uomo medio ha appunto timore e nelle cui grazie tenta di entrare regalando baci di cioccolata e perizoma a fiori con la speranza di ottenere quello che pensi te, sì, caro utente cinico e ninfomane. Il tutto per San Valentino, appunto. La festa, dico.

Rimane a questo punto solo il dubbio che Max Weber avesse dei problemi con sua moglie, fosse divorziato o almeno risentisse di una gelosia infantile nei confronti della sorellina piccola. Ma a questo, nessuna cronaca del tempo, fa riferimento.

Non può però essere una coincidenza che proprio presso la tomba di san Valentino, dove sorge anche la sua basilica (che le speculazioni edilizie non risparmiano nemmeno i santi), nel 752, avvenne lo storico evento dell'incontro di pace fra papa Zaccaria, che guarda un po' si chiama come l'ex-presidente della RAI, e l'invasore Liutprando, re dei Longobardi, i quali — sempre guarda un po' — altri non sono che gli antenati sia del sopra-citato Adolf Hitler, patron di Mediaset fino all'aprile del 1945, che del nostro Max Weber al quale, ormai, siamo già affezionati, nonostante le sue teorie bislacche.

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