Un secondo di troppo

Un secondo di troppo

Chiaramonti e Ariosto giù al bar a bestemmiare quell'anno che non finiva mai per colpa di un istante che sembrava messo lì apposta per far traboccare il vaso, tra flipper e gelati Sammontana.

31 Dicembre 2008

Insomma ieri scendo giù al bar e trovo Chiaramonti che sbraita sopra il giornale dando delle gran manate su banco frigo. Che giù al bar da me il giornale si legge sul banco frigo quello dei gelati, che i tavolini servon per giocare a carte e non c'è spazio per il giornale, e allora il giornale si legge sul banco frigo, quello con il coperchio scorrevole con su scritto "Sammontana".

E se uno vuole il gelato? Eh, se uno vuole il gelato aspetta: aspetta che quello che sta leggendo il giornale abbia finito, che si sa, lo diceva anche una famosa reclàme — guarda un po' — di gelati, «la vita è fatta di priorità» e al bar giù da me le priorità sono, nell'ordine: giocare a carte, leggere il giornale e solo dopo viene mangiare i gelati.

E son stato buono che non ho messo in classifica bere il Fernèt, che altrimenti non c'era partita, come si dice.

Parole al vento

Insomma c'era Chiaramonti che smadonnava e tirava giù dei gran pugni che facevan tremare i vetri e tutto il resto, ma proprio una roba che poi (ho saputo dopo) si son lamentati pure quelli che giocavano a flipper.

Allora mi son avvicinato e ci ho detto:

  • Chiaramonti, che è successo? Non mi par mica il caso di star qua a far tutto questo casino proprio ora che è Natale, che a Natale ho sentito dire son tutti più buoni e poi vien subito Capodanno che, sempre per sentito dire, mi sembra di aver capito che è un giorno che siamo tutti allegri che altrimenti guai, se non sei allegro a Capodanno.

Ma niente. Quello continuava a batter le mani sul frigo quello dei gelati e si disperava che sembrava non mi avesse nemmeno sentito e o che comunque non gliene potesse fregar di meno di Natale e Capodanno. Parole al vento, sembravan, le mie, avrebbe detto il poeta.

  • Parole al vento.

Ha detto Ariosto, infatti.

Ariosto è uno che si chiama proprio Ariosto, Ariosto di nome, non di soprannome, che sua mamma lo voleva chiamare Ludovico, solo che poi all'anagrafe le avevan chiesto per sicurezza «Ludovico come Ludovico Ariosto?», lei ci aveva detto di sì, ma l'impiegato si era confuso, che era orario di chiusura e lui non c'aveva più voglia di lavorare, e lo aveva chiamato Ariosto come Ludovico — vedi com'è la vita a volte? Pare una cazzata e invece ti segna per il resto dei tuoi giorni.

È uno, Ariosto, che di lavoro fa il disoccupato e per hobby il poeta, il poeta illustrato, per la precisione, come gli piace definirsi a lui, ovvero sta tutto il giorno al bar a bere maraschino e a raccontar in rima storielle di dame di cavalieri d'arme e d'amor che poi va prontamente ad animare utilizzando le carte. È un incrocio tra i tarocchi e i burattini in pratica, ma meglio di entrambi.

Le carte quelle da gioco napoletane, intendo, e infatti è per questo che giù al bar dicon che le storie di Ariosto non son storie di cappa e spada ma bensì storie di coppe e spade e a volte, quelle più torbide e intricate, di denari e di bastoni. C'è da ammetterlo, sono un po' ripetitive, le storie di Ariosto: parlan sempre di re e di regine, a volte di fanti, ma «è un limite strutturale del mezzo che ho scelto per comunicare», non manca mai di spiegare lui.

Sarebbero le carte quelle napoletane da quaranta che non c'è nemmeno un personaggio paraculo come il jolly, il mezzo che ha scelto per comunicare, non si fosse capito.

Comunque non divaghiamo e torniamo a noi che insomma dicevo che alla fine mi ero rassegnato a lasciar le mie parole al vento e a sedermi accanto ad Ariosto per chiedergli se almeno lui sapeva cosa c'aveva Chiaramonti che non s'era mai visto sbraitare così.

Quella storia del 2008

  • È per quella storia del 2008.

Mi ha detto lui.

  • Quale storia del 2008?

Ci ho risposto io stupito che non sapevo niente di storie del 2008, o meglio, due o tre ne sapevo, di storie del 2008, ma eran tutte storie vecchie che non mi pareva proprio ci fosse motivo di metter su tutta quella banda per le storie del 2008 che sapevo io.

Allora Ariosto ha cominciato, mentre con le mani mescolava il mazzo come un prestigiatore:

  • Di quattro regine quattro re e quattro fanti / le cortesie e le audaci imprese tu ha' voluto che io canti / nel tempo che fu 2008 / seguendo l'ire e il giovenil complotto…

Poi si è fermato, Ariosto, che io lo stavo guardando storto per dire che non era proprio il momento quello — col Chiaramonti furioso da un lato, i bambini spaventati che aspettavano con gli spiccioli per il gelato in mano senza osare avvicinarsi dall'altro e da un altro ancora quelli del flipper che stavano scrivendo sui fazzolettini di carta un documento di protesta ufficiale alla direzione per dire che per uno sport del genere c'è bisogno della massima concentrazione e soprattutto di una quiete assoluta nell'ambiente circostante un silenzio che si devon sentire solo i rumori del flipper e niente intorno se non i sospiri di ammirazione del pubblico e che insomma se in quel bar non c'avevano le condizioni al contorno adatte allora non ce lo mettessero nemmeno il flipper, tutto senza virgole, firmato e controfirmato.

Così Ariosto ha fatto la faccia di quello che smette di raccontare una storia ma lo fa a malincuore (che è una faccia ridondante per definizione, dato che non si è mai visto uno che smette di raccontare una storia senza farlo a malincuore, ma non stiamo qui a sottilizzare, ora) e mi ha spiegato le cose per filo e per segno.

Che, farla breve, Chiaramonti era arrivato al bar e si era messo a leggere il giornale sul banco frigo come tutte le mattine. Solo che poi aveva letto quella storia del 2008.

  • Quale storia?
  • Di quattro reg…
  • Ariosto!!!

Sì, insomma, sul giornale c'era scritto che quest'anno durerà un secondo in più.

  • E perché?

Ho chiesto io.

  • Non si sa bene perché.

Ha confessato Ariosto. Poi ha buttato là un'ipotesi, abbastanza verosimile, devo ammettere:

  • Forse è come con i treni: deve aspettare di prender la coincidenza.

E comunque è stato lì che Chiaramonti non c'ha più visto e ha cominciato a tirar giù santi madonne e tutto il presepe.

  • Tutto per un secondo in più?

Mi son sorpreso io.

  • Già.

Ha confermato Ariosto. Pare abbia detto, Chiaramonti, tra un porco di qui e un porco di là, che ci mancava solo questa, che non si devon permettere, che ora va lui giù a Roma e pianta un casino peggio di quella volta che spararono a Togliatti.

  • Ma perché? Dov'è il problema?

Ho insisito allora io, che non me ne capacitavo.

Ariosto mi ha guardato indulgente, come a dire che gli facevo quasi tenerezza, io, non capir le cose semplici come quelle:

È che lui, il 2008, già gli aveva scassato i maroni a primavera.

Sei personaggi in cerca di quel che capita
Appenninca