La triste storia di Pino, teorico della filosofia ultrà, che all'atto pratico, nella comfort zone di un autogrill, fallisce miseramente la messa in atto del concetto di menare per primo.
20 Gennaio 2008
Dice Pino che dietro l'anima ultrà c'è tutta una filosofia. Tutta una serie di principi ben radicati e cicatrici profonde che regolano il mondo ultrà e — al pari dell'antica filosofia greca (quella di Socrate, Platone, Aristotele e compagnia bella o, come preferisce definirli affettuosamente Pino, «tutti quei finocchi») — unisce "philo" e "sophìa" in un generico amore del sapere. Nello specifico amore del sapere menar le mani.
Per chi non li conoscesse, gli ultrà son gente che rifan le canzoni cambiandogli il testo, delle specie di cover, tipo i Dik Dik nei favolosi anni Sessanta con Sognando la California, roba che i Mamas & Papas ancora aspettano i diritti d'autore. Son ragazzi vivaci, gli ultrà, di quelli intellingenti ma che non si applicano. La domenica c'hanno da fare. Se gli chiedi cosa, ti pestano. Che la domenica, per gli ultrà, è come il giorno dell'Apocalisse: non si fanno domande la domenica, al limite si danno qualche risposta e un paio di rigori che non c'erano.
L'Apocalisse (lo dico per quelli poco esperti di antichi testamenti) sarebbe un giorno particolare — festivo — in cui tutto verrà ricordato: verranno conteggiate le cose buone e quelle cattive sopra una bilancia gigantesca. Poi si osserveranno i due piatti, si valuterà la pendenza e si deciderà sul da farsi. «Praticamente, come avere la moviola in campo», dice Pino per spiegare la cosa ai compagni e camerati ultrà.
Pino non fa che parlarne: «La filosofia ultrà», dice ogni due per tre tutto orgoglioso. Anche se poi gli chiedi quale sarebbe questa filosofia ultrà lui non te la sa mica spiegare, che domani c'ha l'interrogazione su Kant e Hegel, e allora di arrivare alla filosofia ultrà Pino non ce l'aveva fatta, dice.
Pino di soprannome lo chiamno "Intellighezia", non so se ci siamo spiegati.
Che la verità è che gli ultrà son vittime del sistema, dice Pino citando non so chi ma qualcuno di sicuro, che io lo conosco, Pino, e potessi schiantare ora come una molotov se quella frase lì è farina del suo sacco.
Dice Pino, senza ricordare la calzante definizio — di solito attribuita al Taormina Carlo, di professione avvocato di delinquenti — secondo cui «le prove son scuse per dimostrare che hai ragione quando hai torto».
Per esempio quel giorno che Pino detto "Intellighenzia" non gli riusciva non dico di sorridere (poco male, che a Pino detto "Intellighenzia" la sua filosofia non glielo permette comunque di sorridere) o di parlare (poco male, che Pino detto "Intellighenzia" a volte parla, ma meglio lasciar perdere), ma nemmeno di urlare «Arbitro cornutooo!!!» con la sua solita voce stentorea da maiale sgozzato sotto metanfetamine. Che i denti davanti non ce li aveva più, dentro la bocca tutta gonfia e sanguinante.
Era successo in una di quelle terre di nessuno sparse lungo la rete autostradale della nostra penisola (e qui tocca citare Nicola Zingarelli, di professione vocabolario: «L'autogrill è un luogo di ritrovo per solitudini, solitudini con la patente»), erette a campo di battaglia ultrà per decidere chi ce l'ha più lungo (lo striscione, il bandierone, il coro volgarotto ma sarcasticamente perculante — fate voi), per la precisione all'area di servizio Bisenzio Ovest:
Ma lui invece, no macché, ha detto Pino, quasi ammirato:
Così, senza motivo.