Un nostalgico alieno sotterraneo. Un vecchio dentro, perso al bar dell'autogrill. Uno che ha qualcosa a che fare con i Radiohead. Su, salutate Spineless!
22 Febbraio 2012
Spineless non ama parlare di sé. E soprattutto non ama parlare di sé in terza persona. Infatti questo testo lo ho scritto io la settimana scorsa, una sera che avevo un tasso alcolemico nel sangue pari a 4,5% (almeno stando al verbale della stradale).
Io sono Alessandro Baricco, piacere.
Ma parliamo di Spineless, e andiamo con una breve biografia sparsa, che dir tutto, di Spineless, non basterebbe l'etichetta di un vestito di Zara.
Spineless trascina sua esistenza tra la Toscana (una terra barbara dove ammazzano i cinghiali per mangiarli in umido), dove è nato e dove almeno vorrebbe tornare a morire, e Milano (una ridente cittadina in provincia di Negroni Sbagliato), dove lavora per poter continuare a vivere. Il che — facendo due conti in termini di chilometraggio — significa che passa la maggior parte del suo tempo nell'area di sosta di San Martino Ovest un posto in provincia di Parma dove non ti manca nulla: ampio parcheggio, vista tangenziale, a due passi dallo stabilimento della Barilla, giusto di fianco all'IKEA. E si sa, dove c'è Barilla c'è casa e dove c'è l'IKEA ci sono anche i mobili per arredarla, quindi, cosa vuoi di più dalla vita? Un Lucano? Va bene, c'hanno anche quello all'area di sosta San Martino Ovest: chiedete alla cassa, due euro e cinquanta un bicchierino grande così.
Ma basta alcolici e — visto che siam qui — parliamo di internet.
Spineless è la prova vivente del fallimento dei social network: ha mille amici su Facebook ma non ne conosce nemmeno uno. Questo perché Spineless non esiste: nel senso che è un tipo così anonimo che ogni volta che si avvicina al bancone del bar dell'area di sosta di San Martino Ovest per prendere un caffè il barista gentilissimo esordisce con:
Rivolto al camionista dietro di lui.
Ma avevamo detto di parlare di internet. Anzi, parliamo di blog, nella fattispecie.
Spineless ha un certo numero di blog che è abilissimo nel trascurare e detiene il record italiano di apertura parentesi in un unico post: nel 2009 ha aperto X parentesi in un famoso articolo sul casello di Piacenza Nord, dove X è un numero irrazionale compreso tra radice di 3 e il numero cantieri abbandonati sulla Salerno - Reggio Calabria, mentre Piacenza Nord è un casello che sta in provincia di Lodi. Spineless si difende dicendo che comunque le ha chiuse tutte, le parentesi dico, e che in ogni caso sta cercando di smettere, aprir parentesi dico, ma che è un casino, dice, smettere, al giorno d'oggi, che al giorno d'oggi non è mica come nei favolosi anni '80, quando il metadone te lo tiravan dietro: oggi, trovar il metadone, è peggio che cercar un cammello nel pagliaio che sta nell'occhio del prossimo tuo, provando nel frattempo a far passare la trave che è nel tuo, di occhi, dalla cruna di quell'ago che il cammello di cui sopra ormai da anni si rifiuta di attraversare. Come disse Nostro Signore quella volta che trasformò troppa acqua in vino e a fine serata aveva un tasso alcolemico nel sangue pari a 4,5% (almeno stando al verbale di Ponzio Pilato: «Gesù mio, sei peggio di Alessandro Baricco» — testuali parole).
Ma parliamo d'altro, che avevamo detto basta alcolici e poi è sempre un buon escamotage, parlar d'altro dico, nella vita, quando le cose si fanno imbarazzanti.
Spineless è fondamentalmente un nostalgico, nel senso che se c'è una cosa che sa fare benissimo, quella è rimpiangere: rimpiange, tra le altre cose, il grande partito comunista italiano (anche se non sa di cosa stiamo parlando), il grunge, le camicie di flanella, le Dr. Martens a ottantamila lire e il momento d'oro del porno americano di fine anni '90 (e qui invece sa benissimo di cosa stiamo parlando).
Spineless insomma è uno che si sforza di star al passo coi tempi, ma lo fa con suo grande rammarico e disappunto, circondandosi di tutti i più moderni ritrovati della tecnica pur usandoli come suo nonno. Per dire, Spineless è uno che legge tantissimo, e nonostante gli abbiano regalato l'ebook reader, continua a inumidirsi le dita per girare pagina. Uno schifo che non ti dico.
In pratica, Spineless è uno che non sa cosa ha voluto far da grande, nel senso che ormai è grande abbastanza per riuscire a chiedersi «embè?» e non riuscire a darsi una risposta. Per questo e altro Spineless è un vecchio triste, tristissimo, così triste che a volte gli appare in sogno Søren Aabye Kierkegaard per consolarlo. Invano, s'intende.
In tutto ciò però c'è una cosa lo tira su, a Spineless, e che gli dà la forza di andare avanti in questo mondo infame che non capirci più una sega è un attimo: i Radiohead.
Sì, perché Spineless ha qualcosa a che fare con i Radiohead. Nel senso che c'ha tutti i loro dischi. Nel senso che glieli ha rubati, una mattina piovosa, dieci anni fa, durante una vacanza-studio ad Oxford organizzata dal Circolo ARCI di Monsummano Alto.
Thom Yorke è ancora oggi incazzato nero per quella storia, tanto che lo cita anche in una canzone. Dice, quella meravigliosa canzone lì:
And you can laugh, a spineless laugh.
Che si può tradurre più o meno come «ride bene chi ride ultimo, caro il mio spineless», oppure (permettendosi in questo caso una leggera licenza poetica di carattere squisitamente gastronomico) «ridi ridi che la mamma ha fatto gli gnocchi, caro il mio spineless», ovvero una roba che a veder bene suona come una non troppo velata minaccia. Eppure lui — beata incoscienza — continua ad andarli ad ascoltare dal vivo sprezzante del pericolo e anzi se ne bulla davanti al bancone della rustichella dell'area di sosta di San Martino Ovest, intrattenendo le famiglie in coda per i grandi esodi estivi e non.
Sembrerà strano. Ma questo gli basta per dare un senso alle sue giornate.