Charles Perrault Bukowski

Charles Perrault Bukowski

Una favola remixata alla luce delle moderne teorie turbo-capitaliste, avendo cura di buttare nel cesso il politically correct.

9 Novembre 2006

C'era una volta una bambina tanto carina e dolce, che era amata da tutti. Ecco, dimenticatevala. La bambina è cresciuta e ora pare una yuppie pronta a sgozzarti con una banconota da cento.

Per il resto, i personaggi dovreste conoscerli, a meno di non aver avuto un infanzia davvero infelice (o davvero felice, dipende dai punti di vista): Cappuccetto Rosso (che sarebbe la bambina, pur avendo — è innegabile, e questa cosa ha turbato la mia, di infanzie, non poco — un nome maschile) e il lupo (che essendo un animale selvatico non ha un nome: potremmo chiamarlo come un qualunque cane, tipo Bubi, ma il tutto perderebbe decisamente di fascino thrilling).

La situazione psico-emotiva, invece, è un po' diversa da quella che potreste ricordarvi: il lupo soffre di disturbi di memoria a breve termine e fa sempre le stesse domande più o meno dal diciassettesimo-quasi-diciottesimo secolo, mentre Cappuccetto Rosso è in piena fase adolescenziale, fa fatica a rispettare l'autorità come concetto generale e c'ha costantemente i coglioni girati.

Parte il lupo, con la solita solfa, poi il tutto degenera nel giro di due battute:

  • Ciao Cappuccetto Rosso
  • Ciao lupo, anche oggi qua a fracassarmi le balle?
  • Dove vai così di fretta?
  • Cristo, dove vuoi che vada? Dalla nonna, no? Saranno cent'anni ormai che vado dalla nonna. C'ho fatto il solco, in questo vialetto nel bosco.
  • Ah, e cosa le porti oggi di buono? Cosa nascondi in quel cestino?

È qui, che il turbo-capitalismo va a corrodere come ruggine le ferree regole di buona creanza delle favolette di una volta:

  • A questo giro c'ho messo dentro una busta con cinquanta euro. Così si compra quel cazzo che le pare.
Wake-up call
ADSL jazz