Tutto molto bello

Tutto molto bello

I Sex Pizzul ci regalano la copertina dell'anno, votata all'unanimità, da tutti i campi collegati: un album da ascoltare con la radiolina, minuto per minuto. Interruzioni solo in caso di gol o risultato finale.

21 Dicembre 2016

Come Igor Protti e Dario Hubner, i Sex Pizzul debuttano in serie A un po' in ritardo rispetto alla media e, come Dario Hubner e Igor Protti, partono dalla provincia alla conquista della classifica dei cannonieri.

Allenati dalla mano (con annessa matita) esperta di Alberto Becherini (i cui schemi caotici ma efficaci hanno già fatto la fortuna di altre compagini come Rancid, Gallows e Get Up Kids) si presentano in campo con l'entusiasmo di una neopromossa e sciorinano da subito otto belle trame di giuoco, senza paura di cambiare modulo in corsa per ottenere ogni volta in meglio dagli interpreti che scendono in campo (siano essi i ragazzi del Leicester di Ranieri o del Fußball-Club St. Pauli von 1910, Gabriel Omar Batistuta e sua moglie o José René Higuita Zapata e il suo scorpione, il tutto finalizzato al meglio dal killer-instinct di Santiago Martín Oliveira Silva, detto El Tanque).

La band fiorentina mischia punk e pallone, new-wave ed estetica ultras, con un mestiere da far invidia a Nick Hornby, portando a galla il lato più nascosto e godereccio di un'ipotetica Bruno Pizzul Experience a 360 gradi (centigradi) e regalandoci un disco d'altri tempi, da ascoltare con la radiolina all'orecchio come Tutto il Calcio Minuto per Minuto, mentre poghiamo con (contro) pochi eletti sulle gradinate dei peggiori campi di periferia sulle note di una corale Anarchy in the UISP.

Questo non è solo un album: è un piccolo capolavoro balistico.

Sorretto da una linea mediana che non manca di fosforo, composta da una sezione ritmica capace non solo di interdire ma pure — quando serve — di costruire, Pedate aggredisce gli spazi anche senza palla grazie a chitarre ficcanti e synth carichi di effetto, suonati da piedi buoni che danno del tu alla sfera, ma che non disdegnano di sacrificarsi in copertura per il bene della squadra.

Questo non è solo un album, è un piccolo capolavoro balistico: il disco che i Pink Floyd non han mai avuto il coraggio di fare, perché non son mai riusciti a andare oltre la sigla di Dribbling. È un disco vissuto in curva, che fa venire le lacrime agli occhi. Come un fumogeno vicino alla bandierina del calcio d'angolo, che rischia di far interrompere le danze. Un disco della domenica. De La Domenica Sportiva, dico. Un disco che ciao proprio. Ciao la mascotte di Italia 90, s'intende. Un disco da godere fino al novantesimo. 90° Minuto, ovviamente. A patto di esser preparati a farsi fregare in zona Cesarini da una zampata in mischia.

Perché sì: è vero che il panorama musicale italiano è ormai un'affollatissima area piccola dove, come su un traversone teso appena partito dalla fascia, saltano in molti, ma questo album sovrasta tutti e impatta benissimo con la palla. Pedate si copre bene e subito colpisce con ripartenze letali ma può contare allo stesso tempo, in fase di non-possesso, su una difesa che sale compatta e fa finire gli altri sedicenti pretendenti al titolo ben oltre il filo del fuorigioco, per poi provocarli ma senza entratacce né simulazioni, finché l'arbitro non sventola sotto il loro naso un rosso diretto, mandandoli a fare una doccia anticipata. Un disco che fa tutto bene fin dalla prima frazione di gara, e lo fa con grinta, non sbagliando mai l'approccio, per merito di uno spogliatoio compatto senza titolarissimi dove anche chi subentra porta il suo contributo di pedate (appunto) alla causa comune.

Campione di inverno, per ora. Ma i presupposti sono beneauguranti: dopotutto, nella storia del campionato italiano, il 67,9% delle volte, chi era in testa a dicembre ha poi vinto lo scudetto.

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