Il giovedì all'oratorio. Tabaschi e il gioco del calendario: un rituale all'apparenza blasfemo, ma che in fondo sviluppava la creatività dei ragazzi, e allora amen.
16 Giugno 2007
Il giovedì, all'oratorio, era il giorno dei santi. Dopo il catechismo, soprattutto in quelle sere d'estate quando verso le sette c'è ancora il sole a metà, con tutta quella luce strana che ti fa dimenticare che è quasi ora di cena, i ragazzi si riunivano sul muretto davanti alla chiesa, facevano un cerchio intorno a quello col calendario e iniziavano a sfogliarlo.
Quello col calendario era Tabaschi. Il calendario lo rubava il pomeriggio dalla canonica e lo rimetteva al suo posto la domenica mattina prima della messa. Che Tabaschi — come tutti gli altri del resto — suo malgrado, faceva il chierichetto part-time.
Diceva sempre lui al riguardo, in piena crisi di rigetto da oro incenso e mirra.
Comunque, nessuno se ne era mai accorto, là in chiesa, di questa cosa che il calendario spariva per un paio di giorni a settimana dico, anche perché era un calendario del 1967. Ma questo, per lo scopo dei ragazzi il giovedì, era un particolare del tutto trascurabile.
Il giovedì infatti, all'oratorio, vicino al muretto davanti alla chiesa, Tabaschi scorreva i giorni col dito e declamava solennemente tutti i nomi dei santi. Quelli in cerchio lì intorno, uno alla volta, dovevano bestemmiare in rima. Semplice.
Ai più fortunati gli capitava Padre Pio. Che sul calendario nemmeno c'era Padre Pio, ma Tabaschi ce lo metteva lo stesso, per il puro piacere di ascoltare le invenzioni degli altri. Con Padre Pio venivan fuori le bestemmie più belle: Padre Pio faceva rima con Dio e quindi grazie Padre Pio se ne uscivano bestemmie fenomenali, dalla rima scorrevole e doppia. Delle bestemmie miracolose, se mi permetti la battuta, caro utente con le stimmate. Roba da professionisti.
Va detto che però c'erano anche nomi di santi molto difficili, come Sant'Ignazio o San Calogero, e in quei casi spesso i partecipanti passavano il turno. Ma ce ne erano anche altri molto comodi invece. Santa Caterina, ad esempio, che faceva rima con tutte quelle cose che ti son appena venute in mente, caro utente dolcestilnovo. O Santa Liliana, che insomma, sì, ci siam capiti, noi e quelli della Buoncostume. E poi altri: San Medardo, San Donato, San Vitale: tutti santi da principianti, questi qua.
C'eran poi anche le volte che i ragazzi andavano in crisi: si ricoda sempre il caso di Maltesi e Sant'Alfonso.
Sì. Di quando Tabaschi arrivò con l'indice al primo di Agosto e se ne uscì con Sant'Alfonso. Toccava a Maltesi e quello senza esitazione l'accoppiò con un bello "stronzo". Si sentì un mormorio, si formarono due fazioni, si rischiò la rissa e alla fine il gruppo venne sciolto e riconvocato per il giovedì successivo, quando il gran consiglio annunciò l'esito positivo delle consultazioni: la rima era buona, la bestemmia corretta, Maltesi riabilitato e Sant'Alfonso stronzo quant'è vero Iddìo.
Lo aveva deciso Chiarini:
Aveva detto con voce lapidaria come le lapidi del cimitero dietro la chiesa, quello con quattro croci in croce, un po' di sassi coi nomi incisi e dei bei fiori resilienti che facevano a cazzotti con la gramigna senza cedere di un centimetro il fronte.
Che Chiarini era il più esperto di componimenti in versi e quindi la sua parola valeva oro.
Era proprio il più bravo, Chiarini. Chiarini, certe volte, bestemmiava cantando. E l'anno prima, sul diario, aveva messo su un poemetto su tutti i santi di settembre senza sbagliarne nemmeno uno, con delle rime fantasmagoriche che non sarebbero venute in mente a nessuno, nemmeno a Caparezza.
Non per nulla di chiamava Dante, di nome, Chiarini. Si vedeva proprio che ci metteva tutta la sua passione, in quel mestiere lì delle bestemmie, Dante Chiarini. E proprio per questo era stimato e benvoluto da tutti.
Che nella vita, qualunque cosa si faccia, bisogna metterci l'anima, come il buon Gesù.
E questo, lo diceva sempre anche don Zeno, all'ora di religione.