Tre volte sopra il ponte

Tre volte sopra il ponte

La degenerazione d'un amore in tre tappe. Ecco cosa fece Bartolomeo, esasperato fino all'osso. Una storia violenta dove la moglie vedi te che fine fa.

6 Giugno 2007

Il Bartolomeo Cafrulli arrivò la prima volta sul Ponte Milvio un bel giorno di primavera: aveva con sé una catena, un lucchetto, un chiave e la sua fidanzata Cordelia Lupi. Legò la catena a un palo del ponte a simboleggiare l'amore che li legava, lo chiuse a chiave con il lucchetto a simboleggiare quant'era forte il sentimento in questione, e poi — come vuole il rito — gettò dal ponte la chiave del lucchetto nel fiume, la guardò scomparire tra i flutti, a simboleggiare non si sa bene che cosa, forse che i pezzi di ferro non galleggiano.

Quest'ultima conclusione avrebbo dovuto farlo pensare, al Cafrulli Bartolomeo, ma lui non pensò, accecato com'era dal quell'amore appena sbocciato e dal sole di taglio di quel tardo pomeriggio di primavera. Sorrise anzi, il Bartolomeo Cafrulli, povero ingenuo: si prese la Cordelia sottobraccio, entrambi girarono il culo e se ne tornarono verso casa, con una catena, un lucchetto e una chiave in meno e tante belle speranze in più.

Le palle piene

Il Bartolomeo Cafrulli tornò la seconda volta sul Ponte Milvio un anno e mezzo dopo, d'inverno, che il vento soffiava forte e graffiava la pelle: aveva con sé solo una chiave, e prontamente — come vuole il rito — la gettò dal ponte. Era la chiave del lucchetto con cui aveva chiuso sua moglie Lupi Cordelia nello sgabuzzino del sottoscala.

Si appoggiò al palo un attimo e la guardò scomparire tra i flutti (la chiave, dico), a simboleggiare che cominciava già ad averne le palle piene. E forse anche, così, per avere una conferma, che i pezzi di ferro non galleggiano.

Di sorridere, proprio non gli veniva quel giorno d'inverno lì, e allora semplicemente girò il culo e tornò verso casa, non senza prima essersi fermato al circolo a meditare pensoso davanti a cinque o sei (ma anche sette) grappe lisce.

Tutto è bene quel che finisce

Passati dieci anni, si vide di nuovo comparire il Cafrulli Bartolomeo sul ponte Milvio: aveva con sé una catena, un lucchetto, una chiave e — con nostro sommo sbigottimento — sua moglie Cordelia Lupi.

«Tutto è bene quel che finisce bene», penserai te, caro utente Harmony. E invece.

Sì, perché il Bartolomeo Cafrulli sorrideva di un ghigno strano quel giorno lì che non mi ricordo più che stagione era, ma era nuvoloso che sembrava dovessero venire giù a breve mille litri d'acqua e tutti i santi del paradiso. E infatti all'improvviso — come vuole il rito — prese la Cordelia, la legò strettastretta con la catena, chiuse il tutto con il lucchetto e la scaraventò giù dal ponte, guardandola soddisfatto scomparire tra i flutti. Proprio la moglie, dico. A simboleggiare la parabola discendente di una qualunque storia d'amore.

E che anche un cristiano, se legato ben bene con un grosso lucchetto di ferro, non galleggia.

Note a margine
Questo è l'ultimo episodio della causticissima trilogia del Ponte Milvio, liberamete ispirata all'opera di Federico Moccia. Nel senso che ne abbiamo preso spunto per ricordarci cosa non si deve fare, quando ci si mette a scrivere qualcosa. Qui e qui trovate gli altri due.
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