Scoppiare di felicità

Scoppiare di felicità

Nella vita meglio non esagerare, anche con le cose belle. Perché la crisi di rigetto è sempre dietro l'angolo. Parola di pesce palla.

1 Marzo 2007

C'era una volta una favola che mi raccontava spesso mia nonna, quando ero triste, da piccolo. Si badi bene: a differenza di quello che potrebbe sembrare non stiamo parlando dell'inizio di una favola, ma proprio di una favola intera, di quelle che c'era una volta anche la morale, se non mi ricordo male. Diceva che meglio non esagerare mai, nella vita e che anche le cose belle, arriva il giorno che fanno male, un male porco:

Conoscevo uno che era felice, ma così felice... che a un certo punto scoppiò.

Immagino che nella sua testa il meccanismo fosse chiaro e limpido, e dovesse funzionare più o meno così: c'è questo ragazzino che io proprio non mi riesce di farlo sorridere oggi. Se gli suggerisco che anche l'essere felici non è questa gran cosa come ci vorrebbero far credere, se insomma gli faccio notare come anche a essere felici ci siano dei rischi, è probabile che si convinca che alla fine quella vaga malinconia che gli si legge negli occhi sia una condizione quasi preferibile, e che — conseguentemente — sia felice. Un altro tipo di felicità, ovviamente: più dimessa, ma sempre meglio di nulla.

Un ragionamento perverso, insomma: partire dal negare i benefici effetti della felicità per far felice qualcuno. Strategie da nonne all'ultima spiaggia, che non sanno più che pesci pigliare.

Che a ripensarci oggi, mi vien da chiedermi che ne sapesse mia nonna di Bukowski. Che mi sa che mia nonna, Bukowski, mai sentito nominare, sai, caro utente ubriacone? Mia nonna, se gli dici Bukowski, al limite ti chiede se è stato un ex partigiano polacco che partecipò alla rivolta di Varsavia nel '44. Eppure:

Non immagazzinate più di quanto possiate ingoiare: amore, calore o odio che siano.

Charles Bukowski

L'Uomo Tigre
Io, me e Irene