Dialogo a più voci sovrapposte: pièce metateatrale a bordo strada per curiosi con sufficiente tempo da perdere. Ovviamente, la morale è scontata: non son tutte rose e fiori.
18 Febbraio 2008
Era il suggerimento spassionato di Vannino Quadretti, durante la settimana prima vanga scelta del ricchissimo vivaio Piante & Grana di Pistoia, nel weekend croupier part-time al Bisnobba, casinò esclusivo di Montecatini Terme:
Ditelo con i fiori. Se vi rispondono a picche avete sbagliato tavolo: quello del tressètte è laggiù nell'angolo, proprio tra il biliardo e la roulette.
Intanto, giù in strada, esterno giorno:
Vendo una rosa.
Il mio banco è tarlato, e così la mia licenza di vendita: tempo scaduto, gente cara, me ne devo andare, se non vengono a prendermi prima. Non sarà possibile ricominciare da qualche altra parte. Ormai sono vecchia: saran almeno cinquant'anni che lo dico e a forza di dirlo ne sono invecchiata altri cinquanta.
Però, pensarci bene, mi ritengo fortunata: arrivata a questo punto ho ancora una casa, ammesso che ne ritrovi la strada, un letto, e d'inverno qualcuno che ne riscalda i muri, qualcuno che non conosco. Non conosco quasi nessuno, se è per questo, almeno come intendo io.
Ma le mie rose sono bellissime. Sempre state. Merito loro, io non ho mai capito né perché né come: semplicemente ne approfittavo, che è l'unica cosa che si può fare con la bellezza, credetemi. Questa qui è l'ultima. Ha ventun petali accartocciati in rima, qualche riflesso disegnato non certo a caso e il gambo alto come un bambino.
E sapete cosa vi dico, gente cara? È a un bambino che dovrebbe andare. Quattro soldi è il prezzo, scontato al minimo sindacale. Lasciateli accanto al cassonetto, giù all'angolo della strada. Qualcuno saprà che farne.
Poi al bambino, se mi promette che gliela fa ingoiare con tutte le spine, gliela regalo.