Più boomer che baby

Più boomer che baby

Cronenberg rilegge DeLillo a modo suo, ovvero con un film epilettico impossibilitato a convogliare un qualche concetto importante sul futuro, qualunque esso sia.

1 Settembre 2012

Torna David Cronenberg e — in perfetto stile Cronenberg — lo fa anticipando i tempi, con un film epilettico che cita un po' alla cazzo Karl Marx («uno spettro si aggira per il mondo»), Abraham Robinson («diffida dei modelli standard»), e Emma Bonino («questa è una protesta contro il futuro»), ma convoglia il tutto in un salvifico messaggio per il nostro domani. Forse.

Il vampiro Rob Pattinson incarna qui un rampollo dell'alta finanza di oggi (senza particolari problemi di adattamento, dobbiamo dire — dopotutto i due termini son praticamente sinonimi), un baby boomer di una Wall Street ultramoderna, uno yippie del nuovo millennio totalmente privo di scrupoli (e pure di un tot di neuroni): insomma una cosa molto vintage 2.0, presa dagli anni '80 e catapultata nell'era dei touchscreen senza nemmeno un corso di aggiornamento. Come Micheal Douglas che fa una foto alla schermata del Dow Jones con una Lomo, ci mette su due filtri a caso con Instagram e la manda via WhatsApp a Charlie Sheen che però in quel momento è in Vietnam dove la connessione della Wind non prende. E nemmeno (sfiga) il roaming su TIM. Difficile convogliare un qualche concetto importante sul futuro dell'umanità in queste condizioni, anche per Cronenberg.

Difficile convogliare un qualche concetto importante sul futuro dell'umanità in queste condizioni, anche per Cronenberg.

Comunque, fuor di metafora, la prima cosa che si può concludere senza ombra di dubbio dopo pochi secondi di trailer, è che lo smunto sex symbol di questi nostri giorni bui pare essere vittima di una specie di maledizione, di una macumba di qualche fan invidioso, di un malocchio inestirpabile che lo costringe, ogni santa volta, a confrontarsi con delle fighe che definire ebeti è un eufemismo: prima Kristen Stewart, ora questa biondina (Sarah Gadon) che dimostra un QI (nonché un sex appeal) paragonabile a quello di una triglia rincoglionita. Ma dall'olfatto molto sviluppato («emani odore di sesso»).

Proseguendo con lo straordinario cast, troviamo poi una Juliette Binoche alle prese con un ruolo per il quale avrebbe potuto essere tranquillamente scritturata la Santanchè, il rapper Knaan che interpreta se stesso (morto, però — così, per aumentare la difficoltà della parte) e per finire un grandissimo, ridicolo Paul Giamatti che con quell'asciugamano in testa cita espressamente il Johnny Depp strafatto di Paura e Delirio a Las Vegas. Sì, quello che vedeva i dinosauri e i lucertoloni nella stanza allagata. Tutti rigorosamente intenti a convogliare i loro personaggi nella rivelazione del tenebroso monito che il regista cala sul nuovo millennio, s'intende.

Sì, perché la morale che Cronenberg pare estrapolare da un romanzo di Don DeLillo di svariate centinaia di pagine è semplice e diretta come una molotov, pratica e saggia come i consigli del tuo carrozziere, ma soprattutto così attuale da poter essere sintetizzata in ben meno dei canonici 160 caratteri di Twitter:

Se ti infili con una limousine bianca dentro un corteo di punkabbestia incazzati, poi non ti lamentare se ti sporcan la macchina.

Gemelle diverse
Disco totale