Gemelle diverse

Gemelle diverse

Il primo (e forse ultimo) lungometraggio di David Longstreth: un film adatto alla visione da parte di minori, a patto che i minori in questione siano completamente strafatti di LSD.

25 Agosto 2012

Ebbene sì: siam qui di nuovo a parlare di David Longstreth, folle e camaleontico frontman dei folli e camaleontici Dirty Projectors. Dopotutto, come esimerci dal farlo, visto che il Nostro è un vulcano di idee in ebollizione, un Gianburrasca che una ne pensa e cento ne fa, una macchina seriale di progetti paralleli che ogni giorno se ne esce con qualcosa di nuovo? Eccolo dunque alle prese (questa gli mancava) con il grande schermo, a firmare la regia del nuovissimo Hi, Custodian — film microemotivo e concettuale che non lascerà la critica indifferente.

Le prime impressioni che saltano all'occhio durante la visione di queste immagini sono i chiari richiami della colonna sonora alle musiche dei Dirty Projectors stessi (qualcuno grida già al plagio) e la straordinaria somiglianza degli attori con i membri della band: ma siam sicuri che siano figlie di precise scelte stilistiche e di un casting lungo e accurato, che non ha lasciato nulla al caso.

Il lungometraggio, dalla trama complessa e lynchana, racconta la storia di due sorelle siamesi attaccate dalla nascita per i capelli (straordinariamente somiglianti a Amber Coffman e Haley Dekle) che si innamorano di un ragazzetto autistico (straordinariamente somigliante a Longstreth stesso) e lo strappano dalle grinfie della vecchia madre che, totalmente priva della seppur minima sensibilità e del benché minimo pudore ma esclusivamente guidata dall'astio verso il dio inclemente che gli aveva dato una tal progenie, ogni mattina lo accompagnava vestito del solo pannolone lungo la via davanti a casa esponendolo al pubblico ludibrio.

Il giovane purtroppo — nonostante le attenzioni delle gemelle — si ammala di lebbra, contagiato da un misterioso camionista (straordinariamente somigliante a Nat Baldwin) probabilmente immischiato con lo smaltimento di rifiuti tossici nelle discariche del napoletano (chiaro qui l'omaggio del novello filmaker a Gomorra di Matteo Garrone), e passa a miglior vita cantando nel delirio delle febbri la seconda traccia di Swing lo Magellan (cosa che ha del soprannaturale, visto che il disco non era ancora uscito al tempo delle riprese del film), indossando il tipico vesito mortuario indie, ovvero un golfino marrone paricollo abbinato con degli improbabili calzetti di cotone bianchi.

La disperazione delle ragazze sarà inizialmente inconsolabile, ma il vuoto lasciato nei loro cuori dallo scemo del villaggio verrà ben presto rimpiazzato dall'infermiere che lo ha assistito nelle ultime ore (straordinariamente somigliante all'adolescente disturbato e conseguentemente pure al cantante della band nonché autore della sceneggiatura — tutto torna alla fine, in un simbolico movimento circolare), che finalmente, grazie ad un'imperdibile offerta trovata su Groupon, porterà le fanciulle prima dalla parrucchiera a risolvere quello che era un semplice problema di chiome annodate causa mancato utilizzo del giusto balsamo, e subito dopo a fare shopping downtown, tirandone fuori due discrete fighe (poi non diteci che l'abito non fa il monaco — e soprattutto la monaca) con cui concludere felicemente un gran bel ménage à trois. Insomma: l'amore trionfa e tutto è bene quel che finisce bene.

Insomma: l'amore trionfa e tutto è bene quel che finisce bene.

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