Com'è piccolo il mondo

Com'è piccolo il mondo

Quel giorno che io e il mio Io si decise di partire e fare il giro del mondo a piedi e si dormì pure una notte fuori, in una pensioncina che ora tocca fargli una recensione da 10 e lode su Tripadvisor.

14 Marzo 2007

Io e il mio Io quel giorno si decise di partire e di fare il giro del mondo a piedi. Che a me e a lui (a me e al mio Io, dico) ci son le volte che ci prendono queste idee scervellate e fantastiche, di quelle che se non si mettono in pratica subito poi non si mettono in pratica più e ci rimangon solo poi i rimorsi per tutta la vita.

E allora quella mattina io e il mio Io siam partiti all'alba per fare il giro del mondo a piedi che, ci siam detti, durante il viaggio (gira te che giro anch'io poi, al limite, tutti giù per terra) magari c'era pure il tempo di provare a capirlo meglio il mondo e — perché no? — anche di trovare il modo di cambiarlo. Senti te come eravamo ottimisti, io e il mio Io, quella mattina lì, caro utente escursionista.

Insomma siam partiti dalla nostra casetta in riva al grande viale ipertrafficato e ci siamo incamminati verso est, in direzione del sole, che al mio Io gli avevan detto (non so bene chi, forse io) che il giro del mondo, da quella parte, era un pochino più corto (cfr. A farla breve, piccolo vocabolario tascabile di monosillabi per sprecare meno fiato). Abbiam camminato così, senza fastidi, lui avanti e io dietro, cercando strade nuove e vie traverse.

  • Quanto manca?

Chiedevo io ogni tanto, così per fare conversazione.

  • Abbastanza.

Rispondeva lui, laconico, ma mai scoraggiante.

  • Rischiam mica di perderci in un bosco come Hansel e Gretel o nel deserto come Antoine de Saint-Exupéry?

Rilanciavo io per metterlo un po' in difficoltà e per sfoggiare la mia cultura in campo di libri per adulti.

  • Speriamo di no.

La chiudeva corta lui, che quel vocabolarietto di cui sopra doveva averlo imparato a memoria.

Bed & breakfast

Quando ormai si era fatta quasi notte, abbiam visto in lontananza un lumicino: era una casa costruita lungo l'argine di una fila di macchine ferme al semaforo. Io, educatissimo come al solito, ho chisto:

  • È permesso?

Ma non rispondeva nessuno, così il mio Io, insofferente come al solito, ha spinto la porta. Era aperta e quindi siamo entrati: c'era una tavola apparecchiata per due e la zuppiera fumante, ancora da scodellare, che mandava su un profumino che nemmeno Marilyn tutta nuda con su solo una goccia di Chanel n°5. Io comunque, ligio a quella vecchia teoria secondo cui essere sicuri è bene ma essere più sicuri è meglio, ho domandato di nuovo:

  • C'è nessuno?

Visto che non c'era nessuno e che noi s'aveva fame, abbiam preso posto a tavola. Io ho pensato che avevo qualche dubbio, per tutta questa storia. Il mio Io che la cena si stava raffreddando. Allora abbiamo iniziato a mettere in bocca qualcosa, che prima di cambiare il mondo, bisogna pur mangiare, diceva mio nonno. E bere, che l'uomo è debole, e sulla tavola c'era anche una bella bottiglia di vino, di quello buono.

  • Manca solo il dessert.

Ha sussurrato il mio Io, che quando ci si mette c'ha la faccia come il culo.

Io lo stavo per rimproverare per la troppa insolenza, quando entrambi abbiam sentito provenire dalla cucina un profumo delizioso di torta: dentro al forno c'era infatti un irresistibile dolce al cioccolato giunto proprio in quel momento a cottura. Va da sé che è stato un attimo toglierla da lì e mangiarla.

  • Altrimenti bruciava.

Si è è giustificato subito il mio Io. Io, per una volta, non ho potuto fare a meno di concordare che in effetti sarebbe stato un peccato.

A quel punto, molto soddisfatti e senza altre preoccupazioni, abbiamo conlcuso che il giro del mondo non avrebbe potuto iniziare meglio e che la fortuna era dalla nostra.

  • Ma chi abiterà in questa casa?

Ho provato a buttarla là io, mentre il mio Io risolvesa in quattro e quattr'otto il mistero e dichiarava chiuse le indagini:

  • Qualcuno.

Io però non me ne capacitavo:

  • Perché era apparecchiato?

A quel punto il mio Io — che da qualche tempo si è convertito al fatalismo radicale, e da allora non c'è più dialogo, visto che ha imparato ad arrampicarsi sugli specchi meglio di me — ha sentenziato:

  • Ci saranno delle ragioni che noi non possiamo capire.

Così siamo andati a letto, che il viaggio ci era parso lungo e le gambe iniziavano a dirsi indolenzite. In due letti che sembravano freschi di bucato e preparati apposta per noi («Mah», ho pensato io — «Eh», mi ha rassicurato il mio Io), anche se io stentavo a prendere sonno, perché avevo il dubbio che tutto quello fosse una favola e che noi due ci fossimo persi dentro. Forse anche lui — il mio Io dico — ha stentato, un po' per solidarietà (che chi non stenta in compagnia, si sa), un po' perché sentiva me che nel dubbio mi rigiravo. Comunque alla fine, piano piano, ci siamo addormentati entrambi, ma così profondamente che non ci siam mica accorti del tramestìo, dei piccoli passi attorno a noi, di qualcuno o qualcuna o qualcosa che spazzava le briciole e spolverava i mobili, bisbigliava tra se e sé, e poi sorrideva.

Servizio in camera

Il giorno dopo, quando il sole era già alto e in cielo l'alba era già passata da un pezzo, io ho aperto improvvisamente gli occhi, con il pensiero del viaggio da riprendere, che c'era ancora da camminare, e ho dato una scossa al mio Io, che non ne voleva sapere di svegliarsi, lui che la sera fa tutto il gradasso nottambulo e fatalista e la mattina poi non sente il gallo.

  • Ci vorrebbe una colazione, ora.

Ha bofonchiato con le palpebre ancora indurite dal sonno e la faccia ancora a forma di cul cuscino. Ci siam dunque diretti verso la tavola e ci siamo accorti in quel momento del perché quella casetta ci fosse così familiare.

In cucina infatti non c'era soltanto la colazione pronta, ma anche Polly, che ci ha chiesto com'era che la sera prima non c'aveva sentiti rientrare, lei che si sentiva poco bene e allora era andata a letto presto, dopo aver lasciato in caldo la cena.

Io e il mio Io mi sa che si doveva avere una bella faccia disorientata, ma abbiam fatto finta di niente, come navigati giocatori di poker appena svegliati, di ritorno dal giro del mondo. Io ho bevuto il mio caffè, e mentre ne leggevo i fondi (ero già alla pagina della cultura), mi son detto che allora forse era vera quella storia che il mondo è piccolo, più di quanto si immagini. Il mio io ha commentato un po' basito che sì, magari sì, però così piccolo non gli risultava.

È stata Polly — manco a dirlo — a dar pace ai nostri dilemmi con una soluzione semplicissima come la maggior parte delle soluzioni che si rispettino:

Va', avrete preso una scorciatoia.

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