Falsa partenza

Falsa partenza

Trasferirsi a Milano senza troppa convinzione: un dialogo (nemmeno troppo) immaginario con la propria vita nel momento in cui, come si dice, devi inziare sul serio a farci i conti.

12 Settembre 2008

Sentirsi come il pallino rosso in mezzo a una cartina sconfinata: quello che dice «Tu sei qui». Appoggiato al guard-rail, ai bordi della Tangenziale Est, con i piedi ben piantati su una corsia d'emergenza che le emergenze quelle vere non le ha mai sapute risolvere, a fumare una sigaretta e a fare i conti con una vita che non ha mai imparato. A far di conto, dico. Sentirla iniziare ad affrontare l'argomento un po' titubante:

  • Tocca trasferirsi.
  • Eh.
  • Ma su, un po' di entusiasmo! Una città grande, immensa, una città alla moda, una città da bere.
  • Uh, se è davvero così grande e me la bevo tutta chissà quanto tempo passerò poi a pisciare: son sicuro che ci sono computer che ancora lo stanno calcolando.
  • Cretino.
  • Fascista.
  • Sei irrecuperabile, Dio santo: chiunque vorrebbe finire in un posto così.
  • So per certo che in altre zone dell'universo la tendenza è opposta.
  • Ma Milano è il centro dell'universo!

L'universo, come è già stato notato in altre sedi, è un posto maledettamente grande, cosa che, per amore di un'esistenza quieta, la maggior parte della gente finge di non sapere.

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  • Ti assicuro invece che molti sarebbero pronti a trasferirsi in luoghi ancora più piccoli di quelli che riescono a concepire con la mente, e di fatto non sono poche le creature che lo fanno.

Oglaroon

Scuote la testa, rassegnata, la vita. Per tutti coloro che non hanno mai visto la loro vita, o una vita qualsiasi, scuotere la testa: non è un bello spettacolo. Ma io non mi faccio impressionare, e incalzo:

  • Per dire, mai sentito parlare degli Oglarooniani?

In un angolo del braccio orientale della galassia si trova il grande pianeta Oglaroon, un posto dove ci son solo alberi — il che dimostra inconfutabilmente, tra l'altro, che gli esseri umani non vi hanno mai messo piede — e la cui popolazione intelligente vive tutta quanta su un unico noce abbastanza piccolo e affollato. Là sopra gli Oglarooniani nascono, crescono, fanno l'amore, scrivono intagliando la corteccia articoli filosofici riguardanti il significato della vita, l'inutilità della morte e l'importanza del controllo delle nascite, combattono alcune guerre di minima entità per non disimparare a odiarsi un po' e infine muoiono appesi alla parte di sotto dei rami più esterni e inaccessibili.

Gli unici Onglarooniani che lasciano il loro albero son quelli che vengono sbattuti fuori per aver commesso il crimine nefando di chiedersi se qualche altro albero potesse ospitare la vita o se gli altri alberi, soprattutto quelli più grandi, fossero qualcosa di diverso da semplici allucinazioni prodotte dall'aver mangiato troppe noci.

Le noci onglarooniane hanno, come tutte le cose, dei pro e dei contro: il contro è che sono l'unica cosa commestibile su Onglaroon, il pro è che sono buonissime — hanno la buccia di pandispagna e l'interno riempito di sciroppo di vodka alla pesca.

La vita non afferra la morale della cosa:

  • Devono essere un popolo decisamente arretrato, per considerare una colpa un comportamento del genere.
  • Eppure la storia insegna che non c'è forma di vita da qui alla nebulosa a testa di cavallo che non sia caduta in qualche modo nello stesso errore.

La vita tace, per un attimo, lasciandomi il tempo di affondare il colpo:

  • E tu ne sei la testimonianza — perdona il gioco di parole — vivente.

Finisco la sigaretta e stringo con le dita il filtro fin quando non è caduto tutto il poco tabacco rimasto, con un gesto ormai collaudato, descritto minuziosamente nel rarissimo manuale Mille modi (si fa per dire, in realtà son poco più di cinquanta) per non bruciarsi le mani, pubblicazione illecita di Gilberto Miccia, famoso piromane calabrese che aveva paura del fuoco.

Il cervello

La vita, forse associando la storia degli Onglarooniani con la dipendenza da nicotina, mi indica con un cenno della testa e un sorrisetto malizioso il cartellone pubblicitario ai bordi della carreggiata: una prostituta che tocca schifata un cervello di dimensioni cubitali. Il claim è di quelli che ti verrebbe da prendere il copywriter responsabile del tutto e seppellirlo a mezzanotte in una tomba senza nome: «Se ti droghi ti va a puttane».

Il cervello.

Il tempo

Guardo la colonna di macchine inchiodata all'asfalto, le facce scavate dalla fretta di non arrivare chissà dove: donne e uomini con la bava alla bocca, nei loro flussi migratori frustrati dal troppo ritardo nell'invenzione del teletrasporto, che urlano, suonano, bestemmiano, si truccano, telefonano o addirittura si telefonano tra loro per ingannare il tempo come se lui fosse un tipo facile a ingannarsi.

Il tempo.

  • Anche se non ti droghi.

Dico a voce alta.

L'orizzonte

Lei sbotta (la vita è volgare, per natura):

  • Ma cazzo.

Io taccio, lei prosegue:

  • Cos'è quella faccia? Non sei contento di allargare i tuoi orizzonti?
  • L'orizzonte? Mi pareva già abbastanza largo, e sufficientemente lontano, quello che c'avevo davanti prima.

L'Enciclopedia Tascabile Garzanti, volgarmente detta "Garzantina" — il secondo libro più letto nella galassia dopo la guida sopracitata — spiega esaurientemente che riguardo all'orizzonte, ci son parecchie teorie discordanti. Per esempio, il prof. Raphael Zarniwoop di Alpha Centauri dice che l'orizzonte è un posto che più ti avvicini più lui si allontana, un po' come la storia di Achille e della tartaruga: «un presa per il culo, insomma», conclude nell'ultimo capitolo dalla sua opera più nota Qua una volta era tutto mare. Max Dapleen invece, il cabarettista principe del Club Daedalus su Jaglan Beta — ricorderete tutti il suo numero più eclatante, quando riuscì a ricreare le condizioni del Big Bang facendo scontrare dentro un cappello a cilindro due conigli accelerati alla velocità della luce — sostiene che ci sono in giro almeno tracentoundici orizzonti diversi che si scambiano di posto per farci gli scherzi: li ha inventati il suo collega Bart Slartee di Traal, una volta, per un contest a Colorado Cafè Live, poi ne ha perso il controllo, dice.

Infine c'è un tipo dell'Isola d'Elba che dice che lui all'orizzonte c'è stato, un giorno: c'era il cielo limpido, una brezza leggera e tutto il resto, eppure non è niente di speciale, giura.

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