Quel gran fico di Toni Erdmann

Quel gran fico di Toni Erdmann

Un personaggio così bizzarro che manco lo diresti che è crucco, con un talento tutto suo per danzare sul filo del ridicolo senza diventare mai la caricatura di se stesso.

2 Gennaio 2018

Alzi la mano chi si ricorda una (specie di) commedia tedesca che, recentemente, abbia avuto una risonanza (se non vogliamo chiamarlo successo) internazionale e fatto pure incetta di riconoscimenti nei maggiori festival del cinema.

Difficile.

Vi presento Toni Erdmann, quest'anno invece — oltre a essere l'unico concorrente nella storia dell'European Film Awards a portarsi a casa tutti e cinque i premi principali — ha addirittura sfiorato l'Oscar come miglior film straniero, e tutto questo nonostante il suo peso di lungo-metraggio. Lunghissimo, per la precisione: 162 minuti di quella che qualcuno ha chiamato "black comedy", ma che in realtà è ben poco comedy e ancor meno black, quanto piuttosto dolce-amara e surreale.

Dopotutto, Maren Ade ci aveva avvertito:

This will not be a comedy: this will be a very long and sad film.

E in effetti è entrambe le cose, e pure qualcosa in più. Da un lato non fa niente per nascondere in mezzo alla trama tutta una serie di sottintesi socio-economici — tipo una feroce critica sull'Europa in generale e un tardivo avvertimento sugli effetti depersonalizzanti della globalizzazione — dall'altro consente al vero dramma (e alle vere risate) di scoppiare proprio in superficie, nella reale, grottesca quotidianità di un padre inadeguatamente burlone che tenta di recuperare i rapporti con una figlia forzatamente in carriera.

La bravura della regista sta proprio nell'equilibrio con cui riesce a stare sul filo del ridicolo, senza permettere a nessuno dei due personaggi di diventare la caricatura di se stesso.

Vi presento Toni Erdman characters drawings

In un Carnevale di dita mozzate e tacchi dolorosi, denti falsi e sorrisi di circostanza, Toni Erdmann piano piano trasforma infinito imbarazzo in profonda empatia e bizzarre stranezze in (nemmeno troppo) rassegnata accettazione, lasciandoci la speranza di svegliarci, una mattina, davanti a qualcosa di migliore rispetto al giorno prima.

Anche solo fosse tuo papà, vestito con un pelosissimo costume tipico bulgaro, che pare uscito da una vecchia pubblicità di MTV.

Note a margine
Questa recensione è stata scritta in esclusiva per lindiependente.it ed è comparsa per la prima volta sull'omonimo sito, dove fa ancora la sua porca figura. La riportiamo anche qui per questioni di vanagloria, completezza e perché Spineless è come il maiale: non si butta via nulla. Ma soprattutto per non dimenticare, a perenne memoria che di un personaggio crucco che ce ne vorrebbero di più in giro per il mondo.
Farsi prendere la mano
HVSR Digest #4