Album d'esordio per il duo canadese Trust: un'inspiegabile avversione per le vocali e per il gusto nelle scelte di make-up.
13 Luglio 2012
Dopo due 7” che non si capiva bene dove volessero andare a parare la band di Toronto nata da una costola degli Austra prova a sfondare presentando il debutto Trst, con il quale mette innanzitutto in chiaro da un lato la sua profonda avversione per le vocali, dall'altro la sua passione feticista per i codici fiscali, evidenti entrambe subito fin dal titolo.
A parte questo, il primo album dei Trust purtroppo paga le scelte a volte estreme del duo di canadese, soprattutto per quel che riguarda la produzione, a partire dall'uso sconsiderato del flash (giustificato comunque dal mood synth-wave-gothic che lascia l'intera release in condizioni di poca luce) per finire con la scarsa cura riservata alle atmosfere di background e agli sfondi in particolare: non può infatti bastare il primo lenzuolo bianco trovato in casa di nonna a colmare le lacune di un disco che in conclusione non può che definirsi inquadrato male e truccato peggio.