Money for nothing

Money for nothing

Poi è andata che fare i soldi su internet è diventata la norma. All'inizio del millennio, invece, era tutto un Far West dove solo quelli con le idee più bislacche diventavano ricchi sul serio.

22 Settembre 2006

E poi dicono che la rete è tutta una truffa, che con internet non si può guadagnare, che il www non può essere sinonimo di fare affari. Raccontatelo ad Alex Tew e vi riderà in faccia: sarà frustrante, ve l'assicuro.

Avere di fronte un imberbe ragazzino venuto direttamente dalla campagna inglese che non riesce a smettere di sbellicarsi dalle risate davanti a voi, dolorosi perdenti che faticate ad arrivare a fine mese. Eppure sarebbe stato semplice, visto che la parola chiave — come sempre, per tutto ciò che vive online — è ancora una volta: far parlare di sé.

Venghino siori, venghino!

In poche parole, il buon Alex una mattina si è svegliato e invece di trovare l'invasor si è trovato sotto il cuscino l'idea del secolo: milliondollarhomepage.com, ovvero come guadagnare un milione di dollari vendendo a uno a uno (e soprattutto a un dollaro l'uno) il milione di pixel in cui è stata divisa una semplicissima pagina web.

Un minimo di dettagli tecnici: i pixel in questione sono disponibili in gruppi da cento (quadrati di 10x10), altrimenti lo spazio sarebbe risultato troppo piccolo per farvi apparire alcunché di minimamente significativo, e quindi la homepage è di fatto divisa in diecimila di questi blocchi. Chiunque può comprare quanti pixel desidera, finché ce ne saranno di disponibili (si parte dall'angolo in alto a destra) e far sì in questo modo che all'interno dello spazio acquistato compaia un immagine, una scritta, un logo scelto, che indirizzi, con un semplice click, al sito desiderato.

In pratica, da oggi, è ancora più difficile distinguere una pagina web da un appezzamento di terreno, visto che entrambi possono essere venduti in base alla propria superficie. Il vantaggio della pagina web è che poi non devi avere a che fare con il catasto.

Pixel art

Il delirio appena descritto è iniziato in un'afosa notte del tardo agosto 2005, i pixel sono ora esauriti ed il risultato è — anche solo a livello visivo — allucinante: una follia totale di scritte e colori che manderebbero in botta anche Alecchino dopo che si è fatto di LSD, un collage psichedelico che i Pink Floyd e Andy Warhol insieme non sarebbero stati capaci di immaginare, un continuo apparire di alternate-text (perché alla SEO non si comanda) al passaggio del mouse. Insomma, un orgasmo per gli amanti della pop-art, un inferno per i malati di epilessia.

Rimane il dubbio di come faccia, il povero malcapitato utente, a trovare quello che cerca all0interno di quella maledetta casbah di pixel. Dubbio che — immagino — non sfiori minimamente il ragazzino, che ormai la barcata di soldi se l'è intascata. Alla faccia vostra, mia e di tutti i filistei.

Brutta bestia, l'invidia.

Leggi anche

La graffetta rossa

Sauve qui peut
La Cina non è vicina